Gli album del mese: Paramore, Pierce the Veil, Marrano & more

Paramore This Is Why copertina

Paramore – This Is Why

(Atlantic Records, 10 febbraio 2023)

Dopo una carriera fatta tutta in ordine ascendente, almeno a livello di qualità degli album, con ogni disco sempre migliore del precedente, era forse inevitabile che si arrivasse al punto in cui mantenere il trend sarebbe diventato impossibile. È -in parte- quanto successo ai Paramore con il loro nuovo album This Is Why, il primo dopo cinque anni e mezzo di silenzio dal precedente After Laughter, con una pausa della band in mezzo e il disco solista di Hayley Williams. Chiariamolo subito però: This Is Why è innanzitutto un bell’album in sé, e poi è un disco sul quale i Paramore hanno probabilmente voluto riversare le proprie sensazioni ed emozioni degli ultimi anni, senza ricercare ossessivamente le melodie ruffiane o la canzone commerciale da classifica (che poi è comunque arrivata con l’accattivante title track).

Ascoltandolo più e più volte, l’impressione che se ne ricava è che si tratti di un disco rilassante, positivo anche quando parla di cose che non vanno bene nel mondo; un disco della stabilità. È l’album in cui Hayley racconta di sentirsi finalmente a posto nella propria vita (vedi Crave), con l’amore di Taylor -da lui atteso per almeno sette anni- a cui è dedicata una ballad che scioglie il cuore (Liar); pure all’interno di un mondo in rovina, sull’orlo del collasso climatico e con una situazione internazionale di crescente tensione -che è l’altra “faccia della medaglia” del disco e delle tematiche affrontate. Non manca comunque qualche frecciatina liberatoria nei confronti del fedifrago ex marito Chad Gilbert: vedi, su tutte, la potente Big Man, Little Dignity. I brani che colpiscono di più, dopo ripetuti ascolti, sono alcuni pezzi più tranquilli come Liar e Crave, o la stessa Big Man, Little Dignity, mentre la prima parte più esuberante e danzereccia sembra via via più debole e poco consistente. Alla fine però quello che ci rimane è un grande amore per questa band che ci ha tenuto costante compagnia negli ultimi quindici anni della nostra vita.


Pierce the Veil – The Jaws of Life

(Fearless Records, 10 febbraio 2023)

I Pierce the Veil nell’ultimo decennio ci hanno sempre messo tantissimo tempo a scrivere nuovi dischi, ma poi ascoltandoli non c’è mai stato un vero e proprio riscontro in termini di qualità. Misadventures uscì nel 2016, a quattro anni di distanza da Collide with the Sky, e già allora il lasso di tempo intercorso fra i due album sembrava notevole; quel disco, che aveva parecchie aspettative, si era rivelato nel complesso un flop, con poche canzoni di ottima caratura e la sensazione che la band avesse provato a fare le cose troppo in grande per le proprie capacità. Questa volta tra Misadventures e il nuovo disco The Jaws of Life sono passati addirittura sette anni, che di questi tempi sembrano un intero periodo geologico. Eppure, anche in questo caso ci ritroviamo a chiederci se questo disco sia veramente il frutto di sette anni di lavoro, perché anche dopo svariati ascolti fatichiamo a trovare qualcosa che sia davvero degno di nota in tutta la tracklist. Certo, ci sono un paio di singoli carini come Pass the Nirvana (il brano forse più heavy del disco, e anche quello con le maggiori influenze -guarda un po’- grunge) e soprattutto Emergency Contact che ha un bel ritornello, ma buona parte dei brani sembrano scivolare via senza lasciare impressione alcuna. Bello il featuring con la brava Chloe Moriondo sull’ultima traccia 12 Fractures (che è però in sé un brano poco memorabile), e per il resto molti brani che rasentano a malapena la sufficienza. Per un disco che arriva dopo sette anni di attesa, ci aspettavamo sinceramente qualcosina in più.


Marrano – Carne ossa

(Lostdog Records, 17 febbraio 2023)

Noi che abbiamo avuto l’opportunità di ascoltarlo in anteprima l’abbiamo chiamata già a gennaio: Carne ossa dei Marrano rischia serissimamente di essere il disco italiano dell’anno, e mancano ancora dieci mesi alla fine del 2023. Se ti piacciono il rock, le chitarre, le canzoni coi testi magari un po’ presi male ma col sound bello carico e pestato, la band riminese ha fatto il disco perfetto per voi. Davvero, più di così non si può chiedere. I Marrano hanno lavorato con Divi, voce dei Ministri, per la produzione di questo disco, e la sua mano si sente nelle sonorità e negli arrangiamenti arricchiti e non sempre convenzionali, ma senza perdere di vista un’urgenza e un’essenzialità sonora che contraddistinguono Carne ossa. Si tratta, di base, di un disco rock suonato con le chitarre, il basso e la batteria, che arriva diretto in faccia e che parte davvero a mille nella prima metà per rallentare un pochino i ritmi solo verso il finale -ma unicamente a livello di sonorità, non certo di qualità, dato che nella seconda metà del disco troviamo pezzoni assoluti come Poveri diavoli e All’inferno c’è il sole.

Carne ossa è un album a tratti ruvido, con testi disincantati e un po’ di sano self-loathing; ci sono momenti in cui la band si lancia in un post-hardcore energico come in Tutto (è niente), Ekomostro o Bruciare (un po’ come i Funeral for a Friend ma con un cantato meno lamentoso), altrove si sentono passaggi emo alla Basement o Seahaven, come in In mente o nella title track, e se Pugno è un veloce brano punk rock, c’è spazio anche per arie più vicine all’indie rock italiano come in Presto e Poveri diavoli. Ekomostro è uno dei migliori brani rock che siano mai stati scritti in Italia, mentre la closing track All’inferno c’è il sole è un brano complesso e maestoso, sonoramente ricco e perfetto come traccia di chiusura. Siamo in presenza di uno di quei dischi di cui è impossibile trovare punti deboli, e che meriterebbero tutto lo spazio e l’attenzione possibili, per quanto ritmi e chitarre così forti possano probabilmente fare fatica a far breccia nel mainstream anestetizzato dal pop sanremese radiofonico.


John-Allison Weiss – The Long Way

(Get Better Records, 17 febbraio 2023)

The Long Way è veramente il titolo più adatto per il nuovo disco di John-Allison Weiss, che arriva dopo ben otto anni dal predecessore New Love, e dopo un lungo percorso che l’artista ha affrontato, compresa la transizione di genere. Il tempo e le vicende trascorse hanno avuto degli effetti sulla musica e sulle sonorità? Possiamo dire che la risposta è più no che sì, ma con delle riserve: confrontando The Long Way con uno degli ultimi lavori di John-Allison pre-pausa, si nota una decisa continuità nel modo di cantare così come nel modo di scrivere i testi, mentre il sound ha preso un’evoluzione mantenendo però una matrice riconoscibile. Si tratta di un disco di base indie rock / indie pop, ma ci sono svariate influenze country / Americana, in gran parte assenti nei precedenti dischi.

Se questa è una differenza “di genere musicale”, è al contrario più evidente una differenza che ahinoi ci piace meno: The Long Way è un disco in gran parte lento, suonato con pochi strumenti e relativamente quieti; lontani i tempi dell’indie rock upbeat di Say What You Mean, ma anche dell’approccio più pop ma sempre frizzantino di New Love. Qualche sprazzo di energia si trova in Tell Me to Go e New Day / Old Ghost, e nelle parti più spinte di brani come Feels Like Hell o Miss Me, ma il resto dei brani tende un po’ a perdersi in sonorità fiacche, non aiutate da melodie accattivanti o memorabili, e alla lunga questo rischia di annoiare. Non aiutano i testi spesso ripetitivi (vedi l’ossessiva, quasi esasperante Young Love) o eccessivamente semplicistici, che cercano di essere confidenziali come lo erano nei primi dischi dell’artista, ma in questo caso riuscendo solo a sembrare una forzata e poco ispirata imitazione. Insomma, questo ritorno purtroppo non riesce a convincerci fino in fondo, nonostante il tempo a disposizione per preparare questi brani crediamo non sia mancato. Quello che ci auguriamo è che John-Allison Weiss ritrovi quel brio e quell’aria di fresca novità che caratterizzavano i suoi primi album.


Reina Subramanian – Heartstrings

(self-released, 17 febbraio 2023)

Sono appena tre le canzoni presenti su Heartstrings, l’EP di debutto di Reina Subramanian, artista che avevamo avuto modo di conoscere e apprezzare con i due primi singoli Breathe Slow e Dance on the Moon. Quello che ci aveva fin da subito colpiti di Reina, ovvero la voce dolce, posata e delicata, molto gradevole all’orecchio, resta ovviamente confermato anche nelle tre tracce di questo EP che prende il nome dal brano numero 1, un bel pezzo pop con evidenti influenze R&B in cui l’artista dà forse il meglio di sé sapendo coniugare sensibilità e melodie groovy. Più pop nel senso più tradizionale del termine il secondo brano Look the Other Way, mentre la closing track All the Way Through è una ballad graziosa ma forse un po’ prevedibile per quanto raffinata. Non è ovviamente facile esprimere un giudizio completo su un disco di sole tre canzoni, però quel che è certo è che questi tre brani, uniti ai due singoli che già avevamo ascoltato, ci restituiscono l’idea di un’artista con parecchio potenziale vocale e interpretativo, che speriamo saprà essere messo sui giusti binari per avere la possibilità di consacrarsi.


Canale – Felice

(self-released, 17 febbraio 2023)

Ci propongono un concetto controintuitivo i Canale con il loro disco d’esordio Felice: la band toscana vuole infatti, come dice il titolo stesso, fare musica “emo punk felice”. Ora, per noi fan dell’emo da Hot Topic di metà anni 2000, le parole “emo” e “felice” nella stessa frase non hanno alcun senso a meno che non siano collegate da una congiunzione avversativa. Sappiamo però, e lo dice anche l’emo copypasta, che l’emo non è necessariamente triste, e allora accogliamo con curiosità questo tentativo di disegnare un sorriso su questo genere introverso. Certo, ascoltando Felice un appassionato di musica emo potrebbe probabilmente trovare che questi brani abbiano un mood più allegro della media; un ascoltatore casuale crediamo che troverebbe questi brani piuttosto tristi e malinconici, ma hey, del resto stiamo pur sempre parlando di emo. Felice è ad ogni modo un disco che ci piace parecchio: i Canale ci infondono parecchia carica ed energia, tanto nello strumentale, con potenti riff di chitarra e ritmi veloci, quanto nel cantato appassionato e sofferto.

Il gruppo sembra un po’ l’anello di congiunzione tra la scena Cara Calma e l’emo, due ambienti che hanno svariati tratti in comune ma che sono fondamentalmente diversi per il tono delle chitarre e per il cantato. Nel caso dei Canale, le chitarre sono chiaramente emo, ma si sente che è un prodotto italiano; il cantato è contagioso, potente e trascinante, proprio come nel caso di Cara Calma e compagnia, ma con quell’edge emozionale che lo assimila alla produzione emo nostrana e d’Oltreoceano. Spicca su tutti il brano Cara, che ha l’andatura della vera e propria hit alternativa, ma fatichiamo a trovare in tutta la tracklist un brano più debole degli altri. Ci sono band che già al primo tentativo imbroccano il disco giusto, e questo ci sembra il caso dei Canale.


Nicomi – Buio

(Vaniglia Dischi, 3 febbraio 2023)

Buio è l’EP d’esordio di Nicomi, cantautore classe 2001 che su queste lunghezze d’onda avevamo visto negli scorsi mesi con i singoli Quanto costa? e L’ultima volta. Cinque le tracce che compongono il lavoro, suddivisibili a grandi linee in due gruppi: le ballate malinconiche al pianoforte con il classico “effetto archi” della musica leggera italiana; e i brani più ritmati e ballabili. Della prima categoria fanno parte Ad un passo te, L’ultima volta (che ha comunque una certa carica) e la title track Buio; della seconda invece le restanti Quanto costa? e Ti porterò con me, che è il brano più pop del disco, dal carattere latino ed estivo, con un ritmo reggaeton che sinceramente speravamo di attendere almeno altri tre mesi prima di tornare ad ascoltare. Buio è un EP che spicca per la qualità della produzione, già a ottimi livelli nonostante sia solo il primissimo passo di Nicomi; a tratti le canzoni sembrano avere un sound un filo troppo mainstream, specialmente per un artista esordiente, ma questa è una valutazione che ha più a che fare con i nostri gusti che con le lecite scelte artistiche di Nicomi.


Il Sistema di Mel – Dimmi che va tutto bene

(self-released, 3 febbraio 2023)

Per quanto possa far strano per certi versi possiamo dire che le canzoni e gli interi dischi post lockdown siano ormai un genere a parte: lo shock collettivo che abbiamo vissuto (ognuno in modo diverso) a molti sembra ormai completamente interiorizzato ma probabilmente ci vorranno ancora anni per riguardare a quel periodo con il giusto distacco. Questo disco non vuole distaccarsi da questo filone ma anzi sceglie volutamente di non distogliere lo sguardo e utilizzare queste canzoni per esorcizzare quella che forse è una delle cicatrici peggiori: il dissestamento dei rapporti umani e la successiva ricucitura raffazzonata. Ne esce un disco emotivamente potente che scegli in modo mai troppo didascalico di non ignorare l’elefante nella stanza ma di affrontarlo a viso aperto. Le sonorità mischiano un certo post rock lineare ma d’effetto a scelte più classicamente rock e quasi grunge unite a una vocalità non troppo varia ma molto enfatica di classica scuola Fine Before You Came. Un disco senza fronzoli o abbellimenti ma dalla direzione chiara e genuina e quindi per sua natura efficace e forse, dico forse, necessario.


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