I’m Not a Blonde, Krakes, Landers: le recensioni dei singoli italiani

I'm Not a Blonde 2021
Foto di Alessia Cuoghi
I’m Not a Blonde – 1984

Nuovo singolo per le I’m Not a Blonde dopo il recente Circles. Il duo milanese formato da Chiara Castello e Camilla Matley anticipa così l’uscita del prossimo EP Welcome Shadows, prevista per il 10 dicembre su INRI/Metatron, a cui farà seguito un secondo EP, This Is Light, la prossima primavera. Grandi progetti quindi, a cui corrispondono ottime credenziali di presentazione: non che la band dovesse dimostrarci qualcosa, ma 1984 è un singolo che se ti piace quel synthpop un po’ anni ’80 new wave con atmosfere a metà fra l’onirico e l’allucinato, non può che gasarti in vista del nuovo disco. Il brano prende in prestito il titolo e anche l’ispirazione generale dall’omonimo capolavoro di George Orwell: parla “di chi ha represso le proprie emozioni per paura di esporsi, fino a quando non ha conosciuto l’amore e non ha potuto più nascondersi”. Nel testo infatti si narra “la storia della scoperta della propria omosessualità durante l’adolescenza“, delineata con sintetiche ma molto efficaci parole. “I never wanted to know / I never wanted to hide / I bite my tongue / Avoid a lie […] I feel the love and a hunger inside”. Le I’m Not a Blonde fanno esattamente quel genere di musica che in Italia non tira nemmeno per sbaglio mentre all’estero sanno apprezzare, specialmente in ambito nordico-anglosassone. La speranza è che in questo caso Spotify possa fare la magia.

Vanelitne – Les fleurs du mal

Cantato in francese, ma progetto italianissimo quello di Vanelitne (anagramma di Valentine?), compositrice e vocalist di base a Milano. Il suo singolo d’esordio si chiama Les fleurs du mal, anche se più che echi bohémiens della Parigi di Baudelaire, ci porta all’epoca in cui l’Italia era la regina incontrastata della musica da discoteca. È un pezzo elettronico “nu disco/synthwave”, come lo definisce l’artista stessa, dalle atmosfere un po’ sognanti e un po’ stranianti, ma la voce che recita armoniosamente -quasi amichevolmente, anche se con un pizzico di malizia sottintesa- frasi nella lingua di Molière aiuta a dare umanità al brano. Forse non lo sentiremo in discoteca quest’inverno, ma per una festa privata (non dite che vi ho detto io di farle) è un pezzo perfetto.

Alic’è – Le chiavi di casa

Brano che ha già ottenuto importanti riconoscimenti dalla critica (come la Borsa di studio ACEP/UNEMIA al Music for Change – Musica contro le Mafie) il nuovo del duo pugliese Alic’è, già visti su queste lunghezze d’onda con i precedenti singoli Nella testa e Fotografia. Le chiavi di casa è un pezzo che parla del rapporto padre e figlia, ma anche del tema “lavoro e dignità” (una delle sottosezioni di Music for Change): il padre protagonista del brano perde infatti il lavoro, dovendo rinunciare al proprio sogno di comprarsi una casa al mare una volta in pensione, e affrontando anche l’onta di dover comunicare alla figlia le mutate condizioni economiche familiari, che impediscono a quest’ultima una serie di progetti -ma la conclusione del brano è un lieto fine. Se nei brani precedenti avevamo apprezzato le doti canore di Rosita Cannito, qui la cantante del duo mette da parte le linee melodiche per un pezzo quasi parlato (forse sarebbe meglio dire “recitato”), ma scopriamo che anche in queste vesti l’artista sa dare la resa perfetta al alla canzone: le giuste intonazioni, le giuste pause, il giusto pathos senza cadere in eccessi. Probabilmente il miglior brano degli Alic’è sin qui.

Delaido – Come si deve

Il palermitano Vincenzo Calabria, in arte Delaido, esordisce con questo singolo intitolato Come si deve, un pezzo fondamentalmente indie retto da una chitarra il cui giro è la costante di tutto il brano, accompagnato però di volta in volta da synth o da strumenti più sostenuti a creare effetti maggiormente pop o maggiormente alternative rock (come nel finale in loop). È un brano che sceglie di non “esplodere” ma di mantenersi su un sound in leggera ma costante crescita d’intensità, privilegiando al contempo le sensazioni suscitate dall’andirivieni e dall’alternarsi degli strumenti. Una scelta più sulla qualità che sul potenziale “commerciale” insomma. Il testo parla di un rapporto complicato, “una situazione di stasi in cui i protagonisti tirano le somme, rassegnandosi alla fine e interrogandosi sulle scelte.”

The Hunting Dogs – Synchronizing Cravings

Reduci da una data a Fiume in Croazia (sorry D’Annunzio), i friulani The Hunting Dogs pubblicano il loro nuovo singolo per inaugurare un tour che li porterà in giro per tutto il Nord Italia fino a Natale. Synchronizing Cravings è un brano che porta avanti la musica “electro-shocked pop” che la band propone: una sorta di mix fra alternative rock radiofonico un po’ all’inglese e l’electropop ricco di synth ed effetti, guidato dalla voce sbarazzina di Alba Nacinovich. Il brano “celebra quell’arcana danza di seduzione e ‘sincronizzazione delle voglie’ che si compie nascosti nella folla; l’illecito, irrefrenabile rincorrersi di sguardi”, e ascoltando fra le righe non si può non notare come il pezzo abbia una certa carica sensuale, non sbattuta in faccia ma espressa tramite allusioni sonore, riff e melodie che suggeriscono un certo “arousal”. Proposta underground ma molto, molto curiosa.

Krakes – Lamborghini

Ci siamo imbattuti in questa band bresciana in una fredda serata nel sud di Milano, alcuni giorni fa; aprivano un concertino di altre due band dove hanno però rubato completamente la scena con una performance super energica ma anche tecnicamente on point. Ora è uscito il loro nuovo singolo Lamborghini, il terzo di quest’anno dopo È tutto a posto e Meglio adesso. È un brano rock aggressivo e ricco di distorsioni, con una lunga parte strumentale all’inizio e un ritornello quasi completamente urlato a differenza delle strofe dove la band riprende fiato. Se siete convinti che il rock underground italiano abbia poco da offrire, i Krakes sembrano esistere proprio per farvi cambiare idea. Side note inutile: il cantante ha una somiglianza incredibile con Dylan dei Tiny Moving Parts.

Landers – La bella

Proviamo sempre quel brividino lungo la schiena quando ci propongono un artista che non conosciamo e ascoltandolo troviamo quelle sonorità emo throwback agli anni 2000/fine ’90 che tanto amiamo e con cui siamo cresciuti. Landers è l’ultimo artista che ci ha fatto provare questa sensazione, con il suo singolo d’esordio La bella che lui descrive come affine a sound di Ministri, Foo Fighters, Jimmy Eat World e The Get Up Kids. Sono senza dubbio i nomi più grossi che ha trovato per poter dare un’idea delle proprie sonorità anche a chi non bazzica con frequenza questo genere; e sono sicuramente paragoni che calzano (con le dovute proporzioni of course), ma a cui aggiungeremmo grosse reminiscenze di una band come i Matchbook Romance tanto nell’interpretazione dei vocals come nel suono delle chitarre. Ci piacerebbe solo che il cantato fosse un pochino più attutito nel mix invece che sparato così diretto nelle orecchie, ma la presa bene per aver sentito questi suoni in una nuova canzone del 2021 ci fa soprassedere anche a quest’appunto.

Mark De’ Medici – Stella binaria + Merce rara + Sgangherato

Mark De’ Medici ha deciso che vuole farsi odiare dal music business. L’artista fiorentino (con quel nome d’arte lì da dove altro pensavate che venisse?) fa quello che tutti in questo momento sconsiglierebbero di fare, ovvero pubblica tre singoli contemporaneamente, tutti e tre con la stessa importanza, mettendo così in difficoltà le testate e webzine varie -che devono scegliere se focalizzarsi su uno solo dei tre o su tutti insieme, oltre a doversi ascoltare tre brani invece che uno- e probabilmente pure il suo ufficio stampa che avrebbe probabilmente preferito un singolo alla volta. Ma le idee un po’ matte ci piacciono, e allora eccoci a commentare questa tripla uscita, che nelle parole dello stesso Mark “portano a compimento il flusso artistico” iniziato con i precedenti singoli Sbarazzina e Il resto è storia. Merce rara si sviluppa su un beat hip hop ma con effetti al synth più vicini all’R’n’B e uno stile molto cantato; più introspettiva e rappata Stella binaria, ma il suo ritornello è parecchio melodico; Sgangherato è il pezzo più pop del trittico pur con gli effetti vocali reminiscenti della trap di oggigiorno. Nel complesso Mark suona più credibile nei momenti maggiormente cantati e aperti che nei passaggi influenzati da trap e hip hop, ma la sensazione è quella di un artista cui piace concentrarsi tanto sulle parole e non solo sugli aspetti prettamente sonori dei propri brani, e già questo rende il progetto un pochino più interessante di molte altre nuove proposte.

Mattia Salvadori – Guai feat. Paola Bivona

Mattia Salvadori è un trombettista e produttore toscano classe 1991, già visto quest’anno con i singoli Solaris e Bambino di vetro. Per il suo nuovo brano Guai chiama alla voce Paola Bivona, artista con partecipazioni al Festival di Castrocaro e a The Voice of Italy alle spalle, nonché vincitrice della Targa Tenco col progetto Adoriza. Il pezzo propone una versione molto modernizzata della musica jazz, con evidenti influenze pop ed elettroniche; si potrebbe quasi parlarne al contrario, come di un pezzo pop con la tromba in primo piano e influenze jazzistiche. La combinazione la rende una traccia perfetta tanto per le playlist da salone di bellezza quanto per quelle di un lounge bar un po’ raffinato; ci piacerebbe solo che il ritornello fosse un po’ meno ripetitivo e magari più vario a livello melodico, ma il mood del brano è senza dubbio accattivante e upbeat.

Mazzoli – Da vicino

Altro singolo d’esordio, Mazzoli si presenta al pubblico con la sua Da vicino, brano che esprime il desiderio di annullare una lontananza (“perché io vorrei guardarti/parlarti da vicino con le lacrime”). L’artista, vero nome Pietro Cardoni, spiega che Mazzoli era il cognome presente sul citofono della sua casa da fuorisede a Bologna -sembra una storia un po’ da scritteignorantiabologna. Il pezzo è principalmente un brano pop, ma sono evidenti gli influssi soul e blues, specialmente nella chitarra che sul finale si esibisce anche in un pregevole assolo, per una canzone che “nasce di fronte all’alba, da cui trae la sua vera ispirazione, intrinseca di malinconia e immagini di qualche relazione passata”. Non male per un artista che compie i propri primi passi come solista.

Roberto Quassolo – Sole triste

“È un sole triste quello su di noi”. Non parla dello smorto sole tardoautunnale di questi giorni Roberto Quassolo, ma di quello che illumina un mondo pervaso dal pregiudizio: “credo sia sempre più difficile andare oltre il pregiudizio, dal momento che occorrerebbe rendersi responsabili in prima persona di una visione differente delle cose e del mondo”, spiega l’artista pavese ex Eva, the One e Dark Horizon, al suo terzo singolo solista dopo La quinta stagione e Invisibile. Se abbiamo visto Roberto alle prese con pezzi rock e con ballad con gli archi sui precedenti pezzi, qui il cantautore vira su territori folk rock ampliando ulteriormente il ventaglio della propria proposta. Il brano è tirato e un po’ “all’americana”, con strofe e ritornello che si alternano quasi senza lasciare il tempo di prendere fiato; un modo di fare musica magari non troppo in linea con le tendenze più recenti del mercato, ma sicuramente molto “vero” per l’artista.

S.C.I.O. – Le prigioni di Jaco

Progetto molto sperimentale e, come spesso in questi casi, anche un po’ folle quello di S.C.I.O.. Tutti i brani dell’artista sono solamente strumentali, realizzati senza l’utilizzo di chitarre che vengono sostituite in tutto e per tutto da un basso elettrico. Il suo nuovo singolo si chiama Le prigioni di Jaco, e trae spunto non per nulla dalla visione del documentario Jaco, the Film, prodotto da Robert Trujillo dei Metallica, che racconta la drammatica vicenda del visionario bassista Jaco Pastorius -le cui prigioni, spiega l’artista, erano le instabilità mentali. Il brano dura quasi sei minuti e mezzo, divisi in due momenti; la lunghezza è considerevole, ma ampiamente giustificata dal pezzo; l’assenza dei vocals non si fa nemmeno notare troppo grazie all’ottimo lavoro strumentale e sugli assoli, che assumono un po’ la funzione solitamente dedicata alla voce. Un brano sicuramente non per tutti, ma per chi si diverte a scavare alla ricerca dei progetti più particolari e visionari S.C.I.O. può senz’altro rappresentare una di quelle scoperte da custodire con affetto.


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