Blame Art, Poni Boi, Danxgerous: le recensioni dei singoli italiani

Blame Art – Simbionti/Sorgenti
Un’uscita insolita quella dei Blame Art: due singoli che escono assieme come un EP. La necessità della doppia uscita deriva dalla natura complementare dei due pezzi che si presentano come due facce della stessa medaglia. Simbionti è rappresentazione musicale dell’incomunicabilità, tema molto vicino alla band milanese. Nello screamo le parole si fondono con la prepotenza acustica di chitarra e batteria. Sorgenti invece si presenta come un brano meno aggressivo, ma che segue il crescendo apparso nella struttura compositiva di Simbionti. Il brano rimanda alla fonte e allo stile shoegaze della band che, in quest’occasione, decide di rispolverare la propria genesi. Per sapere chi si è oggi, non va dimenticato chi si era ieri. Blame Art insegnano.
Boetti – Colpa tua
“Colpa tua”, dice il nuovo singolo di Boetti, ma i sensi di colpa di cui parla il brano sono tutti personali, e derivano dalla perdita di amici, di una madre, di un amore. L’artista tenta di esorcizzarli con un brano synthpop dalle tonalità vagamente introspettive e oscure nonostante l’ampio uso di autotune e il ritmo piuttosto incalzante e ballabile. Al netto di un bridge/outro un po’ troppo ripetitivo, il pezzo piace per il suo incedere e per la produzione ricca pur in presenza di un brano nel suo complesso semplice.
Bombay – Giuro non avevo capito
“Succede, delle volte, di trovarsi in una situazione senza sapere come si è arrivati fin lì. Per esempio ci si può trovare buttati fuori da una relazione, senza avere la minima idea di che cosa si è fatto di sbagliato”. Questo lo spunto da cui parte Bombay per il suo nuovo singolo Giuro non avevo capito, che è un brano pop suonato e abbastanza orecchiabile, pure piuttosto allegrotto nelle proprie sonorità anche se il cantato offre una certa malinconia specialmente nel ritornello. Impossibile non notare somiglianze con lo stile di un maestro come Tricarico, sia per il piglio dei vocals sia per il testo.
Caf1ne – Gin tonic
Da Pepp1 a Caf1ne. I due artisti ovviamente non hanno granché in comune se non il fatto di aver infilato un 1 nel proprio nome d’arte, ma due esempi nel giro di pochi mesi cominciano forse a delineare un trend! Caf1ne in questo caso è il nuovo arrivato, con un singolo intitolato Gin tonic, come il drink più inflazionato degli ultimi anni. Poco sorprendentemente, il brano “parla di spensieratezza. Racconta una coppia di ragazzi che aspettano impazienti un gin tonic che alla fine non riescono a berlo”, come dice Caf1ne in uno strano italiano. La canzone ha un ritmo reggaeton, ma se di questi tempi, in pieno ottobre, potrebbe sembrare una scelta strana, possiamo giustificare Caf1ne perché in realtà il singolo è uscito a inizio settembre, quando andare in spiaggia (a bere un gin tonic magari) era ancora un’attività praticata da milioni d’italiani.
Danxgerous – Keys
Debutto da solista per Daniela Mariti degli In June, che si presenta col nome d’arte Danxgerous e un singolo intitolato Keys fuori per la boutique label We Were Never Being Boring, sempre attenta agli artisti italiani che presentano un sound internazionaleggiante. Tale è il caso di Danxgerous, il cui indie rock/indie pop malinconico ci ricorda un pochino quello di Sydney Sprague ma anche lo stile di Julien Baker, specialmente per il cantato. La canzone parla della “paura di perdere la chiave che può aprire le tue porte, come metafora degli aspetti del tuo carattere di cui vai fiera, le tue passioni, la tua autenticità, i tuoi sentimenti”.
Delvento – Tetto del mondo
Ogni tanto XFactor ci fa scoprire qualche piccola perla che, ne siamo sicuri, ci terrà compagnia ancora a lungo. Delvento, con delle vibe alla Gazzè e gli elementi migliori di Jovanotti, ci regala un inedito già presentato anche ai Bootcamp del programma, che è un inno alla vita vera, quella di chi viene da una terra come la Sicilia, quella di chi sta per realizzare il sogno di vivere di musica, un concentrato di speranza e rap non convenzionale, che si immerge nel retaggio del cantautorato. Questo brano è una guarigione, un’autoanalisi, una di quelle paranoie che ci vengono prima di andare a dormire ma che ci fanno anche un po’ sorridere. Delvento, con un piglio dolceamaro, oltre ad avere una voce invidiabile e potente, si rivela una penna tra le più interessanti della scena musicale, e speriamo che se ne accorgano anche là fuori.
Eliachesuona – Te e lei
Elia Agostini è Eliachesuona, un nome tautologico forse ma che almeno aiuta a trovare l’artista quando lo si cerca su Google o sui social. La sua nuova canzone si chiama Te e lei ed è parte della “trilogia delle madri” all’interno del suo prossimo disco Muta. Si tratta di un brano pop con un arrangiamento ricco e originale, che vede una tromba quasi jazzistica contornare un pezzo in cui si alternano beat quasi da base hip hop e un simil organo che fa capolino, a coronazione di un cantato vagamente (vagamente, eh) reminiscente di quello di Neffa. Il brano peraltro è uscito il 10 ottobre in concomitanza con la Giornata mondiale della salute mentale, e tratta infatti nel testo l’argomento della depressione.
Elia Truschelli – La casa del tempo
Da Eliachesuona di cui abbiamo appena parlato, a Elia Truschelli… che tecnicamente è anche lui un Elia che suona! Il suo nuovo singolo si chiama La casa del tempo e come magari si può intuire dal titolo (e soprattutto dalla copertina) parla delle radici dell’artista e del suo paese d’origine: “un pezzo di storia ormai andato perso, o se è sopravvissuto qualcosa, è davvero poco rispetto alla purezza di quel tempo. È il caso di questa casa abbandonata”, racconta. Si tratta di un singolo cantautorale dai tratti folk, anche un po’ retro nelle melodie e nelle sonorità, ma è una scelta ovviamente coerente con un brano che parla del passato. Se dobbiamo trovargli un difetto è forse proprio quello di essere un po’ troppo classico, ma non possiamo davvero farne a Elia una colpa.
Johnny DalBasso – Galvanica
Un brano che mantiene tutte le promesse fatte dal titolo il nuovo singolo di Johnny DalBasso: Galvanica è infatti una canzone elettrica ed elettrizzante, velocissima (appena 1:58 minuti) e fulminante come la scossa di cui parla il testo. Il suo è un sound punk rock energico ma molto molto ascoltabile; merito del ritornello aperto che si riesce a cantare già dopo il primo ascolto del brano e che nasconde un significato curioso, non apparente di primo acchito: è infatti “una canzone d’amore insolita che si ispira agli esperimenti dello scienziato Luigi Galvani”.
Lehavre – Come i Clash
Guarda, mamma, come i Clash! Oddio, la canzone in sé magari non suona propriamente come Should I Stay or Should I Go, però del punk ce lo ritroviamo senz’altro, pur mischiato e mascherato sotto coltri di sintetizzatori e beat quasi disco. I Lehavre prendono il nome da una città francese ma vogliono suonare a Londra (“come i Clash”) e citano il nordirlandese George Best; un brano cosmopolita, o quantomeno paneuropeo, a cui possiamo anche aggiungere la prima strofa italiana che dice “a testa in giù (…) come Benito”, che anche se sono ottant’anni che facciamo battute su questa cosa non smette mai di far ridere. Il ritmo è alto e coinvolgente, la produzione lucida e brillante, la canzone forse pende un po’ troppo sul lato dell’elettronica e un po’ troppo poco su quello del “rock”, ma è innegabile che la fotta ci sia.
Martin Hesta – Che freddo fa
“Che freddo fa”, dice Martin Hesta mentre fuori ci sono 25 gradi e al Sud la gente fa il bagno in mare. Sulla copertina del suo singolo, a sfregio, l’artista piazza pure un paesaggio innevato, ma in realtà forse Martin è solo previdente: sa che il freddo è dietro l’angolo, e molto presto questa canzone assumerà un significato molto più aderente alla realtà esterna (o quantomeno ce lo auguriamo, per il nostro bene). Che freddo fa è “un brano che racconta di freddezze esteriori e interiori, narrate però con una passione che sa scaldare”; è un brano molto semplice nelle proprie sonorità, basandosi essenzialmente sul connubio chitarra + voce, anche se intervengono dei sintetizzatori a colorare un pochino il sound del brano.
Pentailed – Keep Walking
Con un riff introduttivo vagamente The Offspring, i Pentailed presentano il proprio singolo di debutto Keep Walking, un brano che “tratta di procrastinazione e progetti lasciati a marcire nella mente per anni, per paura di agire o per pigrizia”, e che già dal titolo vuole essere invece un’esortazione a restare attivi e in moto. La band marchigiana, nata dalle ceneri dei The Dinasyt, offre un piatto piuttosto succulento che vede ritornelli trascinanti con tanto di gang vocals nei cori, un piglio punk nelle chitarre mischiato a momenti di maggior riflessività e un cantato energico (anche se dalla pronuncia inglese sicuramente rivedibile). Un’ottima proposta per gli amanti delle chitarre distorte.
Poni Boi – Doppia XL fit regolare
A inizio estate i Poni Boi ci avevano fatto abbastanza ballare con il loro singolo d’esordio Fame d’aria, ma adesso aumentano decisamente ritmi, adrenalina ed energia con il nuovo singolo Doppia XL fit regolare. Un nome quantomeno balzano ma che svela un brano punk fatto da una band indie rock: il tono delle chitarre è sicuramente più indie e infatti le distorsioni metalliche tipiche del punk qui non si vedono, ma la velocità del brano e il piglio della batteria sono decisamente punk. Il cantato sbiascicato fa capire davvero poco di quello che viene detto nel testo, ma non è un problema perché sull’“oh no, lo vuoi ma sai che non puoi” del ritornello ci si scatena davvero.
I Segreti – Vienimi a salvare
Era fine 2021 quando I Segreti pubblicavano Come state, primo singolo dopo l’album Qualcosa da risolvere; è quindi un ritorno gradito quanto atteso quello della band parmense. Vienimi a salvare prosegue sullo stesso sound di sempre, dal delicato sapore cantautorale mescolato a una leggera elettronica: elementi che confermano il piglio indie del loro pop. La canzone parla di solitudine, di amore, di paure, del bene e del male; insomma di vita, perché “è di questo che si vive: di vita come viene”. [Simone De Lorenzi]
Tramontana – Caracalla
Riecco i Tramontana, che dopo il bel disco d’esordio Complicarsi la vita inaugurano il loro 2023 con Caracalla. La canzone non si discosta dalla formula sperimentata dalla band piemontese: striature alternative rock made in Italy su un retroterra musicale e concettuale debitore del Midwest emo; una miscela efficace, come stanno dimostrando anche altri gruppi (vedi gli Alemoa con l’album Fammi male). Caracalla parla “del debutto forzato di ognuno di noi in una società distruttiva” e della “caduta senza più paracadute verso l’enorme abisso dell’età adulta”: rispetto agli scorsi brani questa incertezza è espressa non con sfoghi epici, ma attraverso melodie più tranquille e riflessive. [Simone De Lorenzi]
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