Gli album del mese: La Sad, Edward in Venice, Justin Courtney Pierre & more

La Sad Sto nella sad deluxe copertina

La Sad – Sto nella sad deluxe

(self-released, 16 dicembre 2022)

La band più chiacchierata del 2022, quantomeno nell’ambito alternative, conclude l’anno presentando l’edizione deluxe del suo album d’esordio Sto nella Sad. Sette nuove tracce piazzate direttamente in cima alla tracklist, prima delle restanti canzoni che già comparivano nell’edizione regolare dell’album. La formula non è granché cambiata: canzoni che mischiano le sonorità emo/pop punk alla Blink-182 con parti più trap e il cantato infarcito di autotune, e i soliti testi “alla Sad” che parlano solo (e in modo volutamente esagerato e sopra le righe) di droghe, depressione e vita di merda. Summersad 3 si discosta un po’ da queste sonorità avvicinandosi ad atmosfere hyperpop frenetiche, e ci sono ben tre featuring, con Villabanks nell’inascoltabile Mayday, col francese Youv Dee su Inferno e con l’americano Steven Moses su Diverso, anche se i due feat. in lingue straniere sembrano un po’ fuori posto sul disco. Per il resto però c’è poco da segnalare: qualche brano musicalmente valido (su tutti, Inferno con uno scream degno di nota, e Toxic che è una sorta di Betty tossica in versione trash, ma anche Stronza che è catchy), altri decisamente meno ispirati, e la sensazione di aver già ampiamente sentito tutto quanto sull’edizione standard del disco. Per il prossimo album forse La Sad dovrebbe trovare un pochino il modo di evolvere o di reinventarsi prima che il giochino delle drugs e della cochein diventi vecchio.


Justin Courtney Pierre – Permanent Midnight

(Epitaph Records, 9 dicembre 2022)

Justin Courtney Pierre chiude la sua tetralogia di EP -cominciata nel 2021 con An Anthropologist on Mars e proseguita poi con The Price of Salt e Ghost World– con questo lavoro di cinque tracce intitolato Permanent Midnight. Il frontman dei Motion City Soundtrack si allontana probabilmente più che in tutto il resto degli EP dalle influenze pop punk e punk rock della sua band e anche di parte della sua produzione solista, che restano intuibili ma più nelle pieghe e negli anfratti un po’ nascosti di queste canzoni alternative rock. È un EP che riflette sullo scorrere del tempo, sull’invecchiamento (“Suddenly I’ve lived over half my life”, canta JCP all’inizio di So Beautiful and Difficult) ma anche sulla posizione che l’artista ha raggiunto nella propria vita personale, in particolare in relazione alla propria famiglia cui dedica canzoni d’amore (You’re the Reason alla moglie, Back at 45 alla figlia). I brani suonano più confidenziali e intimi, a tratti risultano privi di quella verve che contraddistingueva i lavori migliori dei Motion City Soundtrack, ma tutti quanti sono scritti e suonati bene e soprattutto sono sinceri. Permanent Midnight è un EP che è in primis destinato all’ascolto da parte di chi è già fan di Justin Courtney Pierre e del suo gruppo, e difficilmente porterà nuovi fan all’artista di Minneapolis, ma chi lo ascolta ci può trovare canzoni confortevoli che hanno quell’aria di piacevole e calorosa familiarità.


Edward in Venice – Beyond

(Lockjaw/Punkerton/Lostdog/NoReason/Inconsapevole, 25 novembre 2022)

Si danno da fare gli Edward in Venice, a un ritmo tutto sommato invidiabile per una band underground italiana. Tre anni dopo il loro ultimo disco Empathy, il gruppo marchigiano dà alle stampe questo Beyond, che esce per una valanga di piccole etichette (le trovate tutte elencate qui sopra). A questo giro, gli Edward in Venice ci regalano dieci tracce, di cui sette canzoni vere e proprie e tre intermezzi strumentali. Il sound è quello che andato pian piano sviluppandosi all’interno del gruppo, ovvero un ibrido fra le influenze punk rock e le sonorità più debitrici della lezione emo (in particolare l’emo anni 2010 e il suo predecessore Midwest). Brani come Holy Rain, Addicted e Three Years presentano le chitarre più vicine a quest’ultimo genere, mentre decisamente più punk è l’approccio di pezzi come Gold Skin, Changes and You e Melancholy; se invece volete sentire un buon compromesso fra le due anime della band, andate dritti su Oat Flakes. L’elemento più riuscito del disco sono senza dubbio le belle chitarre che variano le sonorità di tutti i brani, intermezzi compresi, ma in generale tutta la parte strumentale di Beyond è molto forte. Non convincono invece del tutto i vocals, che riescono solo in poche occasioni a trovare melodie memorabili e che facciano davvero presa. La sensazione, anche dopo ripetuti ascolti, è quella di non riuscire a ricordarsi come fa nemmeno una canzone, eccezion fatta -almeno in parte- per Three Years e Addicted.


Human Deception – Chasm of Desire

(self-released, 8 dicembre 2022)

EP d’esordio per gli Human Deception, nati dalle ceneri dei Drop Hole 0. La band milanese ha concepito Chasm of Desire come un’epopea – ed è effettivamente attraversata da toni epici e grandiosi – ispirata al Faust di Goethe e al suo famoso “patto con il diavolo”. Il gruppo propone un sound melodic deathcore, mescolando in una produzione pulitissima l’aggressività di breakdown, growl, scream e pig squeal a strumentali più alleggerite. Ad esempio nei vocals puliti e malinconici di Alice Grupallo (cantante degli Atwood e dei Delirant Chaotic Sound), ospite in Originally, It Was One; ma è solo uno dei tanti elementi capaci di spazzare via il rischio di una deriva monotona delle parti più violente: come anche l’orchestra d’archi nella sinfonia d’attacco di Chasm of Desire o l’outro strumentale Amor Fati. Un risultato niente male per il quintetto meneghino, che anche a livello di concerti sta collezionando soddisfazioni: dopo la data di quest’estate in supporto degli Our Hollow Our Home, il prossimo appuntamento live sarà infatti il 19 gennaio 2023 al Legend Club, per aprire agli Shadow of Intent. [Simone De Lorenzi]


Scaramuzza – Misericordia

(self-released, 25 novembre 2022)

Anticipato dai singoli Sono fatto così e Gli angeli, Misericordia è il primo EP di Marco Scaramuzza, in arte semplicemente Scaramuzza. L’artista si presenta come un progetto in primis cantautorale, dove la voce e i testi recitano la parte più importante accompagnati da una chitarra acustica, ma in realtà i sei brani di quest’EP svelano arrangiamenti e sfaccettature notevolmente diversi e ricchi che esplorano tra sonorità e generi. Abbiamo infatti brani -vedi Vagabondo- dove Scaramuzza si esibisce in un cantato che si avvicina quasi (quasi, eh) al rap, ma anche pezzi con evidenti contaminazioni indie folk (Reset così come Lettera, a cui mancano giusto gli “heh!” per diventare un singolo dei Lumineers) e pure un tocco simil country sempre in Lettera. A dire il vero Scaramuzza decide di aprirsi a volte anche in più classici ritornelli pop, come quello di Vagabondo e specialmente di Reset, come a dire che fare il cantautore e darsi un tono artistico è bello, ma anche piazzare il brano più accattivante che possa potenzialmente essere cantato in coro è sempre una buona idea. Cantautore d’altri tempi o artista pop, Scaramuzza dimostra di saper indossare agilmente entrambi gli abiti, e confeziona un EP di alto valore musicale e artistico che non dimentica però di “arruffianarsi” un pochino l’ascoltatore nei suoi istinti più primordiali.


Mosè Santamaria – Come cani per strada

(laCantina Records, 9 dicembre 2022)

Tre anni dopo Salveremo questo mondo, il cantautore veronese Mosè Santamaria torna con un nuovo disco, anche questo con un titolo piuttosto emotivo e dotato di un certo patetismo, ovvero Come cani per strada. Lo stile cantautorale di Mosè è dotato di una vena riflessiva e filosofica che si esplica in testi spesso caratterizzati da disquisizioni esistenziali, e del resto lui stesso parla dell’album come di “un viaggio iniziatico alla riscoperta della felicità e per ritrovare la propria autenticità sentendosi attraversare dalla vita”. In realtà la profondità tematica e lirica dei brani si accompagna a un sound molto accessibile e sfacciatamente pop -synthpop, se vogliamo dire con più precisione (si vedano Yoko Ono o Come un Buddha sotto un fico). Crediamo questo sia un ottimo (e soprattutto un intelligente) compromesso per non far risultare Come cani per strada un ascolto pesante o il classico “malloppone” cantautorale che senz’altro a molti piace ma che molti anche spaventa; al contrario, la patina accattivante e a tratti ballabile che riveste buona parte dei brani fa sì che questo sia un disco che tutti possono ascoltare, ed eventualmente dal quale ognuno potrà ricavare una propria esperienza e trarre il proprio messaggio: per parafrasare ciò che scrisse Goethe a proposito del teatro, qualcuno si fermerà ad apprezzare i brani musicalmente gradevoli, altri cercheranno le emozioni che quest’album è in grado di suscitare, altri ancora si fermeranno a riflettere e pensare a quello che Mosè Santamaria ci sta dicendo nei testi.


Tramontana – Complicarsi la vita

(Pan Music, 2 dicembre 2022)

Album d’esordio per i Tramontana, che presentano sette canzoni al sapore di epica provinciale; nello specifico di una provincia piemontese, regione a cui affibbiano il titolo di “Midwest italiano” (la quarta traccia si intitola Wisconsin, ma potrebbe tranquillamente chiamarsi “Casale Monferrato”). E sono proprio le miniere del Midwest emo d’oltreoceano che vanno a saccheggiare per trovare il proprio stile, rifinito con tonalità maggiormente affini allo scenario rock nostrano; c’è poi da dire che a rendere originale la loro impronta concorre anche il bel vocione del cantante. L’unico inedito del disco, Senza svegliare nessuno, mantiene fede alle aspettative poste dagli altri brani che erano stati anticipati come singoli; solamente un po’ dispiace non avere ulteriori nuove canzoni (e solo otto tracce in totale), ma glielo si può concedere perché erano, in effetti, tutti singoloni. Restano però due dubbi. Uno: il motivo per cui Kawasaki sia stata divisa proprio in quel punto (ma perlomeno dentro l’album la coda strumentale acquista un senso maggiore rispetto a quanto poteva avere sul doppio singolo). Due: devo ancora capire cosa vuol dire RGRD. Il disco sfrutta bene le lunghe distanze, grazie alle quali vengono valorizzate le componenti strumentali che si prendono il tempo necessario a confezionare brani pieni e distesi. Nei testi trovano spazio storie quotidiane rese grandiose, grazie alla musica, in termini di sconfitta, salvezza e rinascita. Complicarsi la vita è un’ottima prova che promette bene per il futuro e non dubito convincerà anche dal vivo: ora che è arrivato l’inverno occorre tenere d’occhio il vento d(e)i Tramontana. [Simone De Lorenzi]


Ston & Seabass – Underdogs

(self-released, 9 dicembre 2022)

Dall’unione, a lungo pianificata ed elaborata e finalmente portata alla luce, di Sebastiano Modolo aka Seabass e Alberto Battiston aka Ston, ecco nascere questo EP di sei tracce intitolato Underdogs, la storia di due underdog del profondo Veneto, come tradiscono i rispettivi cognomi, che mettono insieme le proprie forze per provare a lasciare il segno nelle nostre menti con l’audace combinazione tra elettronica e rock. Okay, ormai nel 2022 combinare queste due sonorità non sarà più particolarmente audace, eppure Seabass & Ston lo fanno in un modo molto personale, e proprio per questo coraggioso e creativo. Lo si capisce in brani come Just an Underdog, che fa breccia con il suo bel riff di chitarra molto rock tra Bon Jovi e The Black Keys ma che è in realtà tenuta in piedi da uno scroscio di beat pestati e synth; o anche in Hard to Please, il cui riff rockeggiante viene sommerso da una frenetica base house da fine ’90-inizio ’00. Altrove i due artisti scalano un paio di marce e sembrano voler dichiarare tutto il proprio amore per gli anni ’80 e per i Depeche Mode, come avviene in Through the Haze, un brano più intimo e alogeno, o nella chiusura epicheggiante di What If. Underdogs è un EP caotico (chaotic good) ma che nella confusione ci sguazza, spiazzando l’ascoltatore e sorprendendolo con sonorità sempre nuove e originali; a tratti ci sarebbe piaciuto sentire vocals registrati e prodotti in maniera più pulita, anche per inserirsi in tutto il ben di Dio elettronico che il disco ha da offrirci, però non è affatto un neo che fa calare l’apprezzamento per l’EP.


Emit – Vivo

(self-released, 9 dicembre 2022)

Un cantautorato con grande personalità che traghetta i brani di questo disco su vari generi e diversi mood. Si passa da brani quasi metatestuali (Mogol) a pezzi più tradizionalmente pop (la riuscita Conchiglia) in cui la chiave di volta è una sincerità genuina e naturale, che ben si sposa con arrangiamenti elettroacustici minimali e “materici”. Un esordio a suo modo già maturo, con ragionamenti sulla genitorialità e specularmente sull’essere figli (il padre dell’artista ha partecipato alla produzione del disco). Questo dovrebbe farci ragionare anche sulle parabole diverse che possono prendere percorsi atipici, e forse più in salita, in cui si arriva all’esordio dopo anni di live e con un bagaglio sulle spalle diverso da quello del classico esordiente.


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