Gli album del mese: Wet Leg, Pup, Pillow Queens & more

Wet Leg – Wet Leg
(Domino Recording, 8 aprile 2022)
Indubbiamente la band indie rock con più hype di questo 2022. Le Wet Leg sono un duo dall’Isola di Wight, e il loro album d’esordio (senza nemmeno un EP precedente e fino a pochi mesi fa senza nemmeno aver mai suonato a un singolo concerto) è schizzato direttamente in testa alla classifica dei dischi più venduti nel Regno Unito. Cose che in Italia non potrebbero evidentemente mai succedere, quantomeno in un genere come questo. Va detto: ascoltando Wet Leg (che è anche il nome del disco) l’hype appare più che giustificato. Senza inventarsi nulla, Rhian Teasdale e Hester Chambers mettono in fila dodici canzoni bellissime, giocose, piene di voglia di vita e di divertimento, con parecchia ironia nei testi e anche un pizzico di sfrontatezza che intriga ancor più. Il sound è quello indie rock che va tantissimo nello UK, ma fatto davvero bene: se è chiaro il motivo per cui Chaise Longue è diventata virale, tutte e undici le altre canzoni sarebbero il singolo di lancio del disco del 99% delle altre band sulla piazza.
Pillow Queens – Leave the Light On
(Royal Mountain, 1 aprile 2022)
Le Pillow Queens avevano fatto uno dei migliori dischi del 2020 con il debut album In Waiting, e precedentemente avevano tirato fuori due grandi EP come Calm Girls (2016) e State of the State (2018). Questo per dire che la bontà del lavoro del quartetto irlandese a questo punto non può certo sorprendere. E però anche con il nuovo disco Leave the Light On, la band mette insieme dieci dei pezzi indie rock più belli che sentiremo quest’anno, compresi alcuni singoli da top assoluto come Be by Your Side, Hearts & Minds e No Good Woman. La formula Pillow Queens non è magari particolarmente innovativa: è indie rock come da tradizione, con le chitarre magari appena appena più distorte del normale, però funziona alla grande, complice anche lo stupendo accento irlandese sfoggiato da Sarah Corcoran e Pamela Connolly. Leave the Light On è senza dubbio destinato a finire nelle classifiche di fine anno di più di qualche pubblicazione, e ci auguriamo sia il preludio a un salto di popolarità per la band dublinese.
Hån – Projections on a Human Screen
(Sony Music, 1 aprile 2022)
Dopo tanta gavetta, nel 2021 finalmente Hån ha trovato un importante riconoscimento del proprio talento venendo messa sotto contratto da Sony Music. L’artista bresciana ha quindi pubblicato una serie di singoli in cui ci mostrava un sound leggermente rinnovato, dal pop etereo e influenzato dalle atmosfere nordiche dei primi EP al suono più indie pop internazionale di questo Projections on a Human Screen, il suo primo album full length vero e proprio. “Indie pop internazionale” è comunque una definizione piuttosto limitante, perché Hån sviluppa un sound molto personale, in cui le chitarre e i suoni computerizzati si mescolano in maniera quasi indecifrabile, risultando quasi sempre leggeri e delicati al tatto, per un disco molto mattutino e luminoso anche quando alza i ritmi come nel singolone Leave Me. La voce stessa di Hån comunica un senso di pace e di conforto, molto più che in passato, risultando maggiormente confidenziale e anche sicura di sé stessa. Un disco per calmare l’ansia e purificare l’anima per qualche manciata di minuti.
Pup – The Unraveling of Puptheband
(Little Dipper/Rise Records, 1 aprile 2022)
Tra le poche band (insieme ai Joyce Manor) ad aver colmato con successo la distanza tra il mondo del punk e quello dell’indie, i Pup arrivano al loro quarto album, The Unraveling of Puptheband, nel momento probabilmente migliore della carriera, forti del successo del loro ultimo disco Morbid Stuff uscito nel 2019. Anche il nuovo album è pubblicato dalla joint venture di Rise Records e Little Dipper (etichetta fondata dalla band stessa), ed è un disco in cui i Pup non si inventano nulla di particolarmente nuovo o bizzarro, ma fanno al meglio quello che sanno fare: scrivere canzoni veloci e divertenti, piene di gang vocals e che non si prendono eccessivamente sul serio. Il sound è forse vagamente più levigato che in passato, ma d’altra parte la band ci va anche giù pesante in alcuni momenti quasi hardcore, come in Waiting o in Diminishing Returns. Chi scrive non ha mai ben capito l’hype che si è generato attorno alla band, e continua a non farlo anche dopo l’ascolto di quest’album, ma resta il fatto che la band è molto godibile tanto su disco quanto live. Matilda è forse la canzone più riuscita, anche “più Pup” volendo, con il suo sound punkeggiante e frenetico e i suoi toni nostalgici e un po’ tristi (è una sorta di lettera d’addio alla chitarra storica del frontman Stefan Babcock, che ora non la usa più avendone comprata una più bella e nuova), mentre il disco rallenta parecchio di ritmo e anche di qualità sui “non singoli” come Cutting Off the Corners o Relentless. Da apprezzare al meglio quando i Pup verranno in Italia il 1° novembre 2022 per uno show al Bloom di Mezzago.
Romero – Turn It On!
(Feel It/Cool Death Records, 8 aprile 2022)
Band australiana di Melbourne, sono attivi giusto da un paio d’anni e questo è il loro primo album, ma sembra già un “timeless classic”. Definiti da qualche pubblicazione internazionale “punk da dive bar” e “Blondie meets The Strokes”, i Romero su Turn It On propongono quello che è fondamentalmente del sano vecchio rock ‘n roll, filtrato attraverso melodie power pop per dare ancora più melodia e musicalità. Alanna Oliver è una cantante fenomenale -e questa è la prima cosa che cattura l’attenzione ascoltando il disco- sia per le doti canore (che non scadono comunque nel virtuosismo fine a sé stesso pur mettendosi spesso in mostra) sia per l’interpretazione che è perfetta per questi brani così accattivanti. Ma la band intera ha capacità non comuni nello scrivere melodie memorabili e musica accattivante; in sostanza nel fare musica pop. Non c’è infatti un solo brano che sembri appena appena meno riuscito degli altri, o che non abbia le potenzialità per diventare un singolone. Proviamo comunque a scegliere i nostri preferiti, anche se è difficile: diciamo Crossing Lines, Turn It On, Halfway Out the Door e Petals, che poi sono quelle con i ritornelli più “grossi” come piacciono a noi, ma è davvero un disco perfetto dalla prima all’ultima canzone.
Chloe Moriondo – Puppy Luv
(Fueled by Ramen, 8 aprile 2022)
A meno di un anno dal bellissimo album Blood Bunny (Fueled by Ramen), e con un paio di singoli di mezzo insieme a Mazie e Thomas Headon + Alfie Templeman, Chloe Moriondo ci fa già sentire un nuovo EP, intitolato Puppy Luv (quasi come l’album dei Mom Jeans). Tutti e cinque i brani parlano in qualche modo di cani: Sammy è il nome del cane di Chloe, nelle altre si parla di “fare i bravi cuccioli”, “diventare lupi mannari”, “dog days” che sono finiti -con una possibile citazione di Florence and The Machine- e un cane che non sentirà la mancanza del ragazzo a cui la canzone-frecciatina è rivolta. Se per la maggior parte si tratta di brani teneri e con vibe positive, è anche innegabile che quasi tutte le tracce siano poco più che canzoncine quasi insulse, troppo ingenue anche per essere state scritte apposta con quest’intenzione. Anni luce di distanza da Blood Bunny, che era un disco molto più prodotto certamente, ma anche molto più incisivo e con pezzi capaci di lasciare per davvero il segno. Anche gli arrangiamenti non sembrano particolarmente ispirati: i brani sono retti principalmente dalle melodie e dalla voce di Chloe, su una base che sembra sempre uguale e monotona. L’EP è salvato principalmente dalla performance vocale dell’artista, questa sì di qualità e piacevole da ascoltare, con picchi in brani come Nice Pup e Dog Days Are Over.
IN6N – Il male moderno
(Conspiracy Agency, 31 marzo 2022)
Un disco che come prime parole dice “Grido porca Madonna” non può che essere un disco che lascia il segno. IN6N è un artista che emerge dalla scena underground romana, con un immaginario che va dal rap urlato all’emo al metalcore alla techno, spesso unendo tutti questi sound nella stessa canzone. Il male moderno è un disco brevissimo, nove tracce per una ventina di minuti, ma non potrebbe essere altrimenti: trentacinque minuti di questa roba ti spaccano la testa, venti minuti sembrano l’esatta durata per apprezzare le atmosfere dark e le urla continue di IN6N. A tratti, come in Wave oscura o in My Sharona, le chitarre distorte che pestano sul pavimento elettronico fanno un po’ pensare a come verrebbe un album degli Enter Shikari se Rou rappasse urlando invece di cantare; altre invece il disco scende nella techno più tunz tunz (vedasi Backd00r). I testi seguono tematiche abbastanza simili, parlando di droghe, serate da “vita bruciata”, sesso, bitches & snitches e temi di salute mentale, e forse questo ora della nona canzone risulta un pochino ripetitivo -va anche detto che con un sound del genere viene difficile pensare di scrivere testi che parlano di attualità e politica (sì, gli Enter Shikari hanno fatto anche questo in realtà). Ma IN6N è un artista che con un disco del genere nell’underground ci può sguazzare a meraviglia, e possiamo solo immaginare che un suo live sia un’esperienza da sprangate sui denti in un sozzo basement di città.
Conche Bianche – Conche Bianche
(Non Ti Seguo Records, 7 aprile 2022)
Conche Bianche è Luca Giuseppe D’Aloia, anche voce e chitarra nei Radura e nei Nenè Azzurra. Se con le sue altre band dà sfogo a schitarrate e sgolate passionali e intense, per il suo progetto solista le cose si fanno decisamente più raccolte e intime. Conche Bianche (che è il nome del progetto ma in realtà anche del disco, anche se Luca dice che il disco un titolo vero e proprio non ce l’ha) sono sette pezzi essenzialmente chitarra e voce, a volte quieti e discreti (vedi l’opener Il Corvo), altre più intensi ma sempre con una certa eleganza e raffinatezza di fondo; non l’eleganza dei saloni di moda o delle cose artistico-stravaganti, ma più quel senso di “opera d’arte”, di “poesia” che conferisce ai suoni e alle parole una musicalità che entra piacevolmente nell’orecchio: “vesto il tuo viso di spine perché mi piace vederne il colore quando sei sporca di sangue”, declama ad esempio Luca in Edera. Curioso peraltro come molti dei testi siano ricchi di colori o riferimenti ai fiori ma l’estetica del progetto -a partire dal nome!- sia all-white. È difficile se non impossibile fare una recensione vera e propria del disco di Conche Bianche, anche perché si tratta di un’opera che non è certo nata per essere recensita o giudicata. Ascoltatelo da voi, meglio se su Bandcamp dove si trova in download gratuito (però fate i bravi se lo scaricate, dai).
Disagio – Disagio
(Walla Walla, 8 aprile 2022)
Disagio, vero nome Donato Ciao, debutta da solista quasi dieci anni dopo lo scioglimento della sua band Hot Fetish Divas con questo EP self-titled di quattro pezzi, fuori per Walla Walla. Il disco è presentato come “un viaggio a ritroso lungo gli ultimi dieci anni allo scopo di ricordare quanto sia molto più importante il viaggio che l’arrivo. Se mai ci fosse un arrivo”. I brani si muovono tra l’alternative rock con vaghi echi garage e l’indie pop con synth e suoni elettronici; a volte prevalgono questi ultimi (vedasi A-Social, in cui Disagio canta il proprio sfogo contro quelli che passano la propria vita postando sui social), altre sono le chitarre a fare la parte del leone (in primis in Incompiuti, che vede un bel duetto con Fedeshui, ma anche nell’opener Non si cantano messe). A Disagio non piacciono troppo i ritornelli, e infatti nei suoi pezzi ce ne piazza ben pochi (bellino quello di Incompiuti però!), in compenso scrive le strofe un po’ come se fossero i ritornelli, cercando la musicalità e la catchiness delle linee vocali -del resto l’obiettivo di quasi tutti i musicisti è che i propri pezzi vengano canticchiati. Un po’ meno positiva probabilmente la resa vocale, che è a tratti monocorde (specialmente in 10 agosto) sia nell’interpretazione sia nelle melodie; non avendo i ritornelli, le strofe meno riuscite beneficerebbero verosimilmente di una maggiore varietà. Quattro tracce non sono tante per esprimere un giudizio, ma sono comunque un buon biglietto da visita per un artista che si (ri)affaccia sul mondo musicale: se vi piacciono i cantautori che non si prendono troppo sul serio, con canzoni accessibili e “pop” ma comunque suonate, Disagio è il vostro uomo.
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