Gli album del mese: Trophy Eyes, The Japanese House, Ultra Q & more

Trophy Eyes – Suicide and Sunshine
(Hopeless Records, 23 giugno 2023)
Sono passati ben cinque anni dall’ultimo album dei Trophy Eyes, quel The American Dream che lì per lì sembrava piuttosto convincente (mai quanto Chemical Miracle, ma comunque convincente) e che invece col passare degli anni ha finito per lasciarci ben poco. Nel mezzo John Floreani ha più volte twittato di voler smettere di fare musica e di come si fosse stancato sia del processo creativo sia della scena in cui i Trophy Eyes sono sempre stati inseriti (quella emo/pop punk/hardcore, all’incirca). Il nuovo disco Suicide and Sunshine esce comunque per Hopeless Records, che di quella scena è stata un’etichetta storica, e a livello di sound sembra abbastanza in continuità con l’approccio di The American Dream, anche se il mood è meno allegro e da spiaggia e più introverso e amareggiato. I testi sono come sempre una pugnalata (non diciamo “alle spalle” perché ormai questi testi ce li aspettiamo da John), il sound lo è decisamente meno perché si posiziona su un alternative rock sporcato occasionalmente da spinte un po’ più hardcore (vedi Sydney o il cantato in Blue Eyed Boy o People Like You).
Alcuni brani sono veramente toccanti, come Sean che è dedicata al bassista dei Deez Nuts e degli I Killed the Prom Queen toltosi la vita nel 2021, ma anche il profondo mood cosmico di Life in Slow Motion o l’invito a non perdere la speranza (e quindi la vita) di Stay Here. Altrove il disco propone brani gradevoli ma che scorrono senza lasciare troppe tracce (vedi My Inheritance o Runaway, Come Home). Non piace troppo la lavorazione sui vocals di Floreani che suonano spesso metallici e finti, tanto che a volte ci si chiede com’è che suoni davvero la voce del cantante se si toglie il denso strato di effetti, mentre ci sono alcune scelte di produzione che danno una botta incredibile ai brani (parliamo ad esempio dei synth e dell’organo in Stay Here). La sensazione è che Suicide and Sunshine sia un disco nel complesso più completo di The American Dream e soprattutto con un maggior potenziale di poter restare nel tempo; però se poi ci andiamo ad ascoltare Chemical Miracle la differenza fa impallidire. Ma forse sbagliamo noi ad attenderci che i Trophy Eyes, sette anni dopo, possano ancora toccare la perfezione di sound ed emozioni di cui quel disco era intriso.
The Japanese House – In the End It Always Does
(Dirty Hit, 30 giugno 2023)
Parlando di The Japanese House diventa difficile, se non impossibile, non menzionare i The 1975, perché la casa discografica è la stessa (Dirty Hit), perché il produttore del disco è George Daniel dei The 1975, perché la sua storia è legata a doppio filo con Matty Healy e soci, e soprattutto perché il suo sound sembra la riproposizione dello storico stile dei The 1975 al femminile. È tutto vero anche per quanto riguarda In the End It Always Does, il secondo album full length per la cantautrice britannica. Il sound si tiene dalle parti di un indie pop in parte suonato e in parte basato sui synth, con la voce malinconica e in parte androgina di Amber Bain che da almeno un decennio ha stregato la critica musicale (per lo più d’Oltremanica, va detto). I pezzi in sé funzionano, specialmente alcuni come Touching Yourself, Sunshine Boy o Sad to Breathe, ma la sensazione imperante è sempre quella di stare ascoltando qualcosa di non originale e di ampiamente già sentito, per quanto piacevole e funzionale in contesti come il mondo anglosassone.
Ultra Q – My Guardian Angel
(Royal Mountain Records, 9 giugno 2023)
Abbiamo più volte parlato degli Ultra Q in occasione dell’uscita dei vari singoli che hanno preceduto il loro disco d’esordio, questo My Guardian Angel pubblicato da Royal Mountain Records (etichetta, fra gli altri, delle Pillow Queens). La band capitanata da Jakob Armstrong, figlio di Billie Joe (dal quale ha anche evidentemente ereditato un po’ di timbro vocale), propone un mix fra indie punk e indie rock, facendo un notevole andirivieni fra pezzi più rock e scatenati e ballatone lente ed elettronicheggianti. La sensazione è che gli Ultra Q si siano voluti giocare tutte le proprie migliori carte prima del disco: i brani migliori sono per buona parte i singoli, e sono contenuti nel “lato A” del disco, mentre il “lato B” soffre un po’ di mancanza di energia e anche di catchiness dei brani, spesso un filo troppo lenti e un filo troppo poco incisivi per fare la differenza. Ma sono peccati di gioventù: gli Ultra Q sono appena al passo d’esordio, e avranno tutto il tempo per perfezionare il proprio songwriting e la propria capacità di lasciare il segno, cosa di cui sembrano assolutamente capaci se ascoltiamo pezzi come VR Sex, I Watched Them Go o So Very Emo.
!housebroken – L’altro ieri: distacco (Instrumentals)
(self-released, 17 giugno 2023)
Giusto un anno fa giungeva da Torino una ventata di novità chiamata !housebroken e indirizzata a risollevare una scena emo per fortuna in ripresa con il loro album d’esordio L’altro ieri: distacco. Ora il disco viene pubblicato in versione strumentale e l’importanza delle strumentali non poteva che essere fondamentale per una band che si pone tra il midwest emo e il rock nelle sue varie sfaccettature (post-, math e un pizzico di alternative). Ecco che quindi decidono di ripubblicare quei sei brani “così come per anni sono stati suonati in sala prove, denudati delle linee vocali che solo successivamente li hanno accompagnati”. La particolarità della band è quella di non avere un frontman fisso e cantare sia in inglese che in italiano: naturalmente, sottratti i vocals, queste peculiarità vengono meno, ma non per questo il disco perde sostanza; anzi le melodie, annullando i confini linguistici, recuperano alle tracce una compattezza inedita e la lunghezza delle canzoni permette di apprezzarne, oltre che la sapiente composizione, anche l’emotività che viene esaltata in maniera alternativa. È senza dubbio piacevole da tenere in sottofondo, ma questa versione di L’altro ieri: distacco non va trattata come una banale colonna sonora; al contrario, è un’ottima scusa per rispolverare l’album originale e un’occasione che permette ai due dischi di valorizzarsi a vicenda. [Simone De Lorenzi]
A Red Idea – A Second I Will Forget
(Beautiful Losers, 2 giugno 2023)
Un’idea rossa. Ma anche figa, come suggerisce il gioco di parole nel nome d’arte di Alvise Forcellini. Figo lo è senz’altro il suo secondo disco, questo A Second I Will Forget pubblicato da Beautiful Losers che ancora una volta si conferma foriera di dischi dal sound internazionaleggiante, specialmente con vista sull’America dell’indie. Il “sophomore” dell’artista veneziano è infatti un album che si muove principalmente sui binari dell’indie rock all’americana, ma con toni soffusi, generalmente rilassati e rilassanti (pur con qualche notevole eccezione come Keep Coming, Life Was Only e Your Beauty Is So che sono molto più upbeat del resto della tracklist): un disco tranquillo insomma, in cui l’artista lascia che l’ascoltatore si culli nella voce stiracchiata, definita “che sembra essersi appena alzata dal letto” dall’artista stesso, e nei ricchi arrangiamenti, talvolta sorprendenti, che vedono tastiere, mellotron, synth, sax… e la cosa figa (o rossa?) è che è Alvise stesso a suonare tutti questi strumenti, come i veri artisti geniali d’oltreoceano. A Second I Will Forget è un disco che merita più ascolti, sia per la bellezza in sé, sia per la complessità che si cela dietro a un songwriting apparentemente semplice e diretto: più si ascolta il disco, più si scoprono piccoli particolari che al primo impatto magari erano scivolati sottotraccia, e questo ci sembra un grande merito per un disco, soprattutto in un epoca di musica usa e getta fatta per morire dopo poche settimane di vita, quando viene tolta dalle principali playlist editoriali di Spotify o chi per lui.
Beca – Conchiglie
(La Rue Music Records, 16 giugno 2023)
Primo album per Beca questo Conchiglie, che racchiude otto tracce di ascolto assolutamente facile ma che non risparmiano qualche sorpresa. L’artista viareggino infatti innesta un cantato decisamente rock su un pattern sonoro molto più tranquillo, quasi cantautorale: buona parte delle canzoni sono essenzialmente chitarra e voce, generalmente con delle percussioni in sottofondo giusto a dare il ritmo e quella piccola spintarella in più al brano. La formula, in sé semplicissima, viene rivitalizzata da questo accostamento che crea una dinamica tutta nuova, in cui anche i brani più quieti e struggenti (vedi Tu lo sai, Aurora o Reagire) prendono un afflato più avvincente. Se la maggior parte delle canzoni sono pezzi intimi, non mancano comunque momenti decisamente upbeat come il brano Shelley, vivace e sù di giri, o pezzi che al rock ci si avvicinano eccome come Rimasticare la vita, senza dimenticare Caffè con la sua interpolazione dei celeberrimi la la la di Kylie Minogue in Can’t Get You Out of My Head. Conchiglie piace perché parte da un approccio cantautorale ma “stravolgendolo” con sonorità e ritmi difformi e con un cantato più aggressivo e rock; Beca riesce così a non cadere nella trappola di un genere che a volte sa di stantio, suonando invece carico, convincente e anche artistico, che male non fa.
Growing Flow – Tutto ok
(self-released, 20 maggio 2023)
I Growing Flow esistono dal 2016, ma è solo quest’anno che decidono di compiere il grande passo pubblicando il proprio album di debutto, questo Tutto ok che contiene nove tracce di cui un’intro (e un’outro, si potrebbe dire, ma Sipario è a tutti gli effetti una vera e propria canzone). La band reggiana canta in italiano anche se ha un nome inglese, e suona un rock alternativo che presenta momenti decisamente reminiscenti di band chiave di quel genere tra la metà e la fine degli anni 2000: pensiamo al bridge di Estate 18 molto My Chemical Romance, agli “oooh oooh” di Dove sono adesso? che ci fanno pensare ai 30 Seconds to Mars quando facevano ancora musica ascoltabile, o alle gran schitarrate nel bridge di Fenice un po’ alla Yellowcard post-Ocean Avenue. Altrove i Growing Flow si appoggiano molto di più al synth, arrivando così a un rock elettronico che si sente specialmente in brani come Iperopia e Come stai?, e non manca la classica ballad al piano (Immagine di me), magari un po’ scontata ma comunque gradevole. Tutto ok è un disco che evoca nostalgia ma che sa anche offrire spunti ricchi di potenza e di energia; la band sa scrivere dei buoni pezzi e spesso anche dei buoni ritornelli: l’incognita principale ci sembra l’appetibilità sul mercato di un sound di questo tipo in questo momento storico, ma non è certo questo l’unico scopo con cui si dovrebbe far musica, per cui lunga vita ai Growing Flow.
Maelstrom – R.R.
(Revubs Dischi, 23 giugno 2023)
Già intervenuto presso i nostri microfoni (metaforici) alcuni mesi fa in occasione dell’uscita del singolo Ombra, Maelstrom arriva ora alla pubblicazione del suo primo album, intitolato R.R., sigla che sinceramente non sapremmo interpretare: potrebbe essere l’indicazione di grande rarità… o magari sono semplicemente le iniziali del nome dell’artista. Il disco si compone in ogni caso di nove tracce che si risolvono in appena 22 minuti di musica, quasi un EP se non fosse per la tracklist. Quello che propone Maelstrom è un indie pop soffuso, sia per il sound che per il cantato tenue, raccolto e mai slanciato verso picchi o abissi (marini, nel caso di Maelstrom). Questo fa sì che il disco suoni parecchio compatto e coeso in termini di sonorità, ma è anche un po’ un limite nel senso che rende molti brani abbastanza sovrapponibili. Ad ogni modo, l’artista sa esprimere uno stile proprio, sia facendo uso di un cantautorato indie e in piccola parte elettronico, sia con l’ampio uso di termini marinareschi che non vediamo spesso presso altri artisti. Disco sicuramente piacevole all’ascolto, che magari avrebbe beneficiato di uno o due brani più “tirati” per dare un’accelerata ai ritmi.
Zaib & NiciPGTL – Laudano
(self-released, 23 giugno 2023)
Dall’unione delle forze di Zaib e NiciPGTL arriva questo EP intitolato Laudano (che, lo ricordiamo, è “un narcotico, con effetti antidolorifici e antispastici simili a quelli degli oppiacei”, Wikipedia scripsit). Sarebbe di norma strano definire un lavoro di 11 tracce un EP, ma in Laudano ogni canzone è preceduta/seguita dalla registrazione di un messaggio vocale verosimilmente mandatosi fra i due autori del disco, per cui alla fine le canzoni vere e proprie sono soltanto cinque -e non per nulla stiamo parlando di una durata totale di poco superiore ai 17 minuti. Messaggi vocali a parte, Laudano è un disco che risente delle diverse origini dei due artisti, uno ivoriano e uno italiano, con un sound che si muove fra l’afropop e l’R&B e un cantato vicino al cosiddetto urban -anche i testi alternano tra l’altro l’uso dell’italiano a quello del francese, creano un mélange (giusto per restare in tema) di lingue, suoni e culture che arricchisce un EP ben prodotto, che non rinuncia a una parte più scherzosa rappresentata dagli “skits”.
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