Il Corpo Docenti, Vintage Violence: le recensioni dei singoli italiani

Il Corpo Docenti – Sottotitoli
Dopo l’uscita del disco Povere bestie “rovinata” dalla pandemia di covid-19 (l’album era stato pubblicato a gennaio 2020), i ragazzi de Il Corpo Docenti sono pronti a rimettersi in carreggiata con il nuovo singolo Sottotitoli. La canzone è una sorta di ponte fra il sound intenso ed angsty del disco e quello che sentiremo in futuro dal trio milanese; rimangono le chitarre un po’ emo con i loro riff catartici, le atmosfere malinconiche e un’attitudine all’introspezione, ma l’approccio è più riflessivo che in passato, come se la band avesse meditato a lungo in questi interminabili mesi di quarantene e lockdown. Verrebbe da dire che il sound è “più maturo”, per quanto l’espressione suoni cliché, ma sicuramente Il Corpo Docenti non ha perso la sua carica, e questo è quello che conta.
Amaro Chinaski – Lasciarsi
Un po’ come fanno in America (e molto più raramente in Italia), gli Amaro Chinaski hanno deciso di intitolare il proprio album d’esordio Amaro Chinaski -il classico disco self-titled che ha senso fare se sei al primo lavoro in studio. All’interno dell’album troviamo questa accattivante Lasciarsi, un brano di stampo quasi post-grunge un po’ come si usava nei primi anni 2000 quando band come Nickelback e Three Days Grace facevano furore. Dico “quasi” perché in realtà la canzone si trattiene dalle distorsioni estreme e dall’aggressività di certi brani di quell’epoca, optando invece per un mood più riflessivo e raccolto, ma in grado comunque di comunicare energia e voglia di tornare a quando se suonavi la chitarra potevi anche andare in TV.
Dellamore – Daiquiri
Daiquiri è l’ultimo dei singoli estivi che vi accompagnerà, con un bicchiere in mano, verso un nuovo inverno. E, da tenere a mente, dietro un bicchiere d’alcool, c’è sempre una grande storia d’amore. Dellamore mescola pratiche giapponesi, umorismo e tensione tutto dentro uno shaker. Da servire senza ghiaccio. Per tutti quelli che si portano l’estate dentro, per chi non abbandona i locali, per chi si lascia andare nonostante tutto e per chi non rinuncia alle ore piccole, nonostante tutto, nonostante lavoro, figli, famiglia e sonno.
Francesco Aubry – Novecento
Un inno d’amore al secolo scorso quello che mette in musica Francesco Aubry nel suo nuovo singolo Novecento. Completamento di una trilogia di singoli dal simile tema iniziata con 1985 e proseguita con D.N.A. (i brani faranno parte di un EP in uscita nei prossimi mesi), Novecento è un brano pop rock che non ha paura di inserire una velata chitarra rock nella strofa, o uno stacchetto al piano sul finale, giocando con vari generi come a Francesco piace dichiaratamente fare. Il tema è quello del rimpianto per i tempi migliori che ormai non ci sono più, soppiantati da nuove e peggiori mode e modi di fare; un po’ come dire “ai miei tempi sì che [completare la frase a piacimento]”. In effetti l’artista ammette candidamente che il brano è una “sincera dichiarazione di appartenenza alla categoria dei cosiddetti boomer, e mi rivolgo con orgoglio e nostalgia ai tanti ragazzi diversamente giovani che come me faticano a riconoscersi nelle tendenze attuali”. Alla fine quello che conta comunque, dato che parliamo pur sempre di musica pop, è che il brano abbia un bel ritornello ascoltabile, memorabile e magari pure canticchiabile, e Francesco pur essendo un boomer, in questo riesce a portarsi a casa la pellaccia con un chorus introdotto da un furbo “leeeei” che salta subito all’orecchio.
Luca Muscarella – Campari
Primo singolo del 2021 per Luca Muscarella, dopo che lo scorso anno l’artista siciliano ci aveva regalato Overdose. Campari è un brano allegro e spensierato, verrebbe quasi da dire estivo nonostante sia uscito negli ultimissimi giorni di agosto. Supportato dagli AD1 che impreziosiscono il brano con sassofoni, tastiere, trombe e altri strumenti più tradizionali del pop rock, Luca canta un testo vorticoso nel suo incedere che parla di uscite, appuntamenti in spiaggia, modi di prendere la vita e anche qualche allusione sessuale che passa quasi inosservata; alla fine la sensazione è che il testo voglia trasmettere almeno altrettanta spensieratezza di quella che trasmettono le note del brano, e allora possiamo estrapolare una frase del ritornello che riassume un po’ il messaggio della canzone: “ma adesso pensa a campare dopo un Campari”.
Mosè Santamaria – Festivalbar
Negli ultimi due anni il Festivalbar è stato più famoso di quanto non lo fosse mai stato nei precedenti dieci, complici magari anche il rinnovato interesse per tutto ciò che riguarda gli anni 2000, e la pandemia che ha costretto tutti a casa a guardare repliche di vecchi programmi. Ecco allora che Mosè Santamaria da Genova il suo nuovo singolo lo intitola proprio così: Festivalbar. Come la rassegna omonima, si tratta di una canzone sull’estate, ma dal sound post-estivo, di quelle da ascoltare quando le vacanze sono proprio finite e hai davanti undici mesi di lavoro full time, con pure un inverno intero di mezzo. “È un brano che parla di libertà, dubbi esistenziali e incomprensioni su un tappeto di suoni dalle atmosfere tra l’onirico e il malinconico”, ci dice Mosè; quello che resta è un sospirone ripensando a “quanto era bello il Festivalbar”.
Sanlevigo – Nei panni sporchi di Venere
Progetto di qualità, non solo musicale ma anche filosofico-letteraria, quello della band romana Sanlevigo. Il loro nuovo singolo, Nei panni sporchi di Venere, è “ispirato dalla lettura critica che Søren Kierkegaard fa del personaggio di Don Giovanni nell’opera di Mozart e Da Ponte” (me cojoni, verrebbe da dire). “Se tradizionalmente la figura del seduttore è interpretata da un uomo, che prova piacere nel possedere psichicamente le partner fino a condurle in uno stato di soggiogamento totale, qui è la donna a consumare l’io lirico”, spiega la band. La canzone accompagna i toni colti del testo con un’atmosfera che si adatta alla perfezione, grazie al suo sound da ballad rock elegante e raffinata, quasi suadente nel suo incedere. È il primo estratto da un disco che i Sanlevigo pubblicheranno alla fine di quest’anno, dopo un silenzio di un paio d’anni dai singoli d’esordio pubblicati nel 2019.
Sebaa – Happy Gospel
Ecco i primi minuti di quello che sarà un mondo stratificato e complesso di influenze, rigorosamente senza genere. Sebaa, che sta per pubblicare il suo EP di debutto, è dunque un rapper atipico: la musica diventa uno strumento per dire la propria, un esercizio di stile per migliorarsi. Happy Gospel è un flusso di coscienza, un reflusso di parole e suoni che ci investe senza speranza. Un ottimo inizio che ci fa ben sperare per un disco che definire “rap” è riduttivo.
Shadouone – Sleepless
Nuovo singolo per la misteriosa Shadouone, esponente della drill italiana, dopo il precedente Estate maledetta (non propriamente un singolo estivo, si badi). L’artista non mostra il suo volto, non dà informazioni su di sé e sul suo passato, ma nemmeno tante sul suo presente in effetti; addirittura non scioglie il riserbo nemmeno sul nuovo brano Sleepless, che non commenta perché “non vuole influenzare in alcun modo l’ascoltatore”. Le atmosfere gangsta, già tipiche del genere, fanno capolino fin dal primo secondo dato che la traccia si apre con una sirena della polizia, giusto per farci capire che aria tira. Il testo raddoppia il carico con una serie di riferimenti alla violenza fisica (in ordine sparso, si parla di colpi di kalashnikov, bucare le gambe con una spranga e tagli in faccia) e psicologica (“ti parlerei con un filo di voce come uno stalker” e “la vita è un infame che come cadi ti scarica nel cesso” due frasi che abbiamo estrapolato dal brano). Non sappiamo nulla di Shadouone, ma sappiamo che quella che vuole trasmetterci coi suoi brani è l’immagine di una tipa dura con cui non c’è troppo da scherzare.
Tigri – Estate
Questo è il terzo singolo del progetto indie pop Tigri, di Milano, estratto dall’album Serenata indiana previsto per autunno 2021. La canzone è ispirata alla poesia Di luglio di Ungaretti, e racconta un’estate che non è quello che sembra. È un’estate misteriosa e avventurosa, nella quale gli incontri inaspettati ci aiutano a scoprire noi stessi e a mostrare le nostre macerie senza paura. Un beat midtempo si unisce a sintetizzatori dai suoni crepuscolari, calando l’ascoltatore nella sua estate atipica. Questo singolo è la fine definitiva dell’estate, l’inizio delle serate davanti ai film avvolti nelle coperte, degli intrecci di mani, di lavori mai portati a termine, responsabilità e spunte sul calendario. L’estate di Tigri è la più malinconica di quelle di cui sentirete parlare.
Vintage Violence – Piccolo tramonto interiore
Sette anni. Tanti ne sono passati da quando i Vintage Violence hanno pubblicato il loro ultimo disco, Senza paura delle rovine. Pur con un album acustico in mezzo, Piccolo tramonto interiore è quindi a tutti gli effetti il primissimo assaggio di nuova musica che il quartetto lombardo ci regala. Dopo così tanto tempo uno potrebbe legittimamente domandarsi (magari con un piccolo brivido) quanto siano cambiati i ragazzi di Lecco, e invece la canzone ci restituisce una band che lo smalto di quei tempi lontani non l’ha perso nemmeno un poco; semmai gli anni in più sul groppone hanno portato una capacità di osservazione e di riflessione sulla nostra società ancora più penetrante. “Piccolo tramonto interiore / Libertà di indebitarsi per un televisore” è una brevissima frase che non può racchiudere l’intero senso del brano, ma che rappresenta piuttosto efficacemente la capacità di sintesi che troviamo nel testo. Una canzone da ascoltare e su cui riflettere; ma riflettere davvero.
Zabriski – Giungla
Dopo Dio ci salvi, Zabriski ci fa ascoltare un’altra anticipazione dal suo disco di prossima uscita con laCantina Records. Giungla è una canzone che “racconta come la nostra generazione sarà ricordata per aver giocato troppo a lungo con il fuoco della salute mentale“, come si può sentire dal ritornello che parla “di tutte le pastiglie che ho ingoiato e le cose che ho bevuto / della giungla che ora cresce nel mio petto”. Non è comunque una canzone scritta per piangersi addosso, perché lo stesso Zabriski ci assicura poco dopo di sentirsi molto meglio, malgrado tutto. Lo stesso sound del brano si situa su un indie pop tranquillo e riflessivo ma non triste o eccessivamente malinconico, il che lo rende un pezzo che può piacere tanto a chi si crogiola nei brani presi male come a chi bazzica le parti un po’ più pop del mondo indie.
Zerella – Se Dio vuole
Dopo un 2020 di silenzio, il cantautore irpino Zerella è tornato in questo 2021 con il singolo All’una con te, seguito ora dal riflessivo Se Dio vuole. La canzone è “un inno alla speranza sussurrato, cantato o urlato per arrivare dall’altra parte armati solo di coraggio e di un dolore che la distanza non allontana”. Come si intuisce leggendo tra le righe della presentazione, e meglio ancora ascoltando il testo del brano, che si conclude con l’invocazione “inshallah” ripetuta più volte (e di cui il titolo del pezzo è la traduzione letterale), si tratta di un brano che riflette sulla condizione di chi è costretto a fuggire, spostarsi lontano per scampare alla distruzione -il testo parla del resto esplicitamente del “fronte siriano”- senza soffermarsi in osservazioni pietistiche o considerazioni “politiche” (mi si passi il termine); semmai tratteggiando con poche efficaci immagini (i droni, le scarpe sporche di fango, le travi portanti ormai spoglie) una condizione di fuga, di spostamento dalla desolazione non privo di un tenue fondo di speranza.
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