DIG DEEP: Nation of Language, Slow Pulp, Lizzy Farrall / I 3 brani che ci hanno colpito questa settimana

Nation of Language
Foto di John McKay

Nation of Language – Too Much, Enough

Continua il percorso di avvicinamento dei Nation of Language al loro prossimo album Strange Disciple, fuori il 15 settembre su PIAS. L’album era stato anticipato dai singoli Sole Obsession e Stumbling Still, e ora anche da questo brano intitolato Too Much, Enough, che prende di mira l’ansia e la rabbia che creano dipendenza generate dalle notizie a ciclo continuo, sfornate in particolare dalle televisioni. La canzone presenta un synthpop minimale, molto ripetitivo nella sua parte musicale (forse troppo) ma con melodie decisamente riuscite e accattivanti. Un mix di elementi così così e altri azzeccati che forse non renderà Too Much, Enough il brano più memorabile di Strange Disciple ma che sicuramente ne rappresenta un tassello importante.

Slow Pulp – Doubt

Gli Slow Pulp quest’anno hanno firmato con Anti-, che pubblicherà il loro disco Yard il 29 settembre. Per ora abbiamo ascoltato due singoli, il molto convincente Cramps, e il più tiepido Slugs. A questi si aggiunge ora Doubt, che è un brano che non preme mai sull’acceleratore preferendo restare su vibe alternative rock leggermente influenzate anche dall’indie, perfetto da ascoltare in una macchina che corre su una strada lungo una spiaggia americana ma che soffre un pochino di ripetitività, o quantomeno di mancanza di un vero e proprio scarto sonoro a un certo punto del brano. Resta un pezzo godibile che crea una bella atmosfera, ma ci piacerebbe ascoltare dagli Slow Pulp anche dei brani maggiormente capaci di lasciare il segno e restare impressi.

Lizzy Farrall – Room 42

Vi ricordate la Lizzy Farrall alternative pop di Barbados? Bene, dimenticatevi tutto quanto, perché l’artista inglese, a tre anni dal suo album d’esordio Bruise, sembra voler dare una copiosa mano di vernice bianca sul proprio passato. Room 42 è il singolo che -immaginiamo- inaugura la nuova era per Lizzy, libera dal contratto con Pure Noise Records e quindi da qualsiasi tipo di condizionamento artistico (non che Pure Noise sia nota per esercitare un controllo opprimente sulle scelte artistiche delle proprie band, ma insomma, ci siamo capiti). Il singolo si getta a capofitto nella musica EDM mainstream, spiazzando chi aveva apprezzato la dolcezza e anche la vulnerabilità di certi brani presenti sugli EP e pure sul disco. Lizzy ha probabilmente voluto dare un’immagine più forte, sicura e trasgressiva, ma il brano pare più un concentrato di tutto ciò che c’è di male nel pop mainstream contemporaneo, senza peraltro riuscire a restare davvero in testa. Viene quasi spontaneo pensare alla simile trasformazione a cui è andata incontro Chloe Moriondo con il suo ultimo album Suckerpunch dopo che ci aveva deliziati con il bel Blood Bunny (ne parlavamo meglio qui), e la cosa ci rende piuttosto perplessi.


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