Chiamamifaro, Aftersalsa, Wasabe: le recensioni dei singoli italiani

Chiamamifaro – Addio sul serio
Lo dico subito: da un’artista di Bergamo che pubblica una canzone intitolata Addio sul serio mi aspettavo come minimo un gioco di parole con il fiume bergamasco per eccellenza, che invece tristemente non arriva. Tornando serio, Chiamamifaro è uno dei giovani prospetti più interessanti della scena indie pop italiana. Reduce da un EP, Macchie, uscito in estate per UMA Records, e da date in apertura ad Ariete, Sangiovanni e Rovere, Angelica Gori (questo il suo vero nome) sembra aver fatto un upgrade essendo stata cooptata da Columbia Records. La produzione del pezzo è sempre affidata a Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, insieme a Marco Paganelli dei Rovere, che con Angelica e il fido chitarrista Alessandro Belotti ci regalano un brano un po’ più synthpop e meno suonato rispetto a singoloni come Pasta rossa o Domenica. Mentre scorrono strofe e ritornelli arriviamo a capire che l’addio di cui si parla nel titolo è quello dato non a una persona, ma al cane di famiglia (“Avrei voluto un po’ più tempo / E qualche buco di più nelle calze”), e il sound upbeat del brano fa da contraltare quindi ai sentimenti tristi e nostalgici che hanno dato origine al tema del pezzo. Nota di merito per le strofe che con la dinamicità dei vocals di Angelica suonano almeno altrettanto catchy quanto il ritornello.
Segnali di Ripresa – Colours
A sette anni dall’ultimo EP Internet Cafè, e a ben dodici dall’album d’esordio Prima visione, i marchigiani Segnali di Ripresa fanno il proprio ritorno sulle scene musicali con il nuovo singolo Colours, anticipazione di un disco in arrivo la prossima primavera. Il brano, una sorta di filastrocca in inglese ispirata ai colori, si compone di “campionamenti originali di saltarello marchigiano, chitarre elettriche, synth SIEL vintage a rafforzare il legame con il territorio di appartenenza della band”, il tutto su una base fondamentalmente electropop che a tratti sembra voler sfociare nell’EDM ballabile in una discoteca di quindici anni fa ma che non disdegna momenti molto più rock con un lungo assolo di chitarra. Una specie di pot pourri musicale che può sorprendere o spiazzare l’ascoltatore, ma che rivela una ricerca sonora più profonda di quanto il mercato attuale è abituato a esigere dagli artisti.
Tommaso La Notte – Ballano le lucciole
Tommaso La Notte è uno degli artisti comparsi più spesso su queste lunghezze d’onda, complice anche il fatto che il cantautore pugliese sta pubblicando singoli al ritmo di uno al mese. Prima di Ballano le lucciole abbiamo già avuto infatti Una poesia di Montale, Shampoo alla camomilla, La fine del capitalismo e Passano i treni. Tutti sono compresi sul suo album d’esordio Pop notturno, disponibile negli store fisici tramite Goodfellas da qualche giorno, e che a gennaio sarà disponibile anche sulle piattaforme digitali -una scelta decisamente in controtendenza rispetto ai tempi ma che apprezziamo. Ballano le lucciole è un brano che ormai potremmo definire “alla Tommaso La Notte”, cioè un cantautorato tranquillo e riflessivo, con spunti e pensieri colti e una tendenza all’introspezione. L’artista lo descrive come “una geografia decadente della solitudine. È il senso di costante fluire interiore che si prova quando si convive con la sensazione di mancanza”.
Uno – 24 ore
Il brano, che ci introduce nel mondo di Uno -alias Mohamed Sarhan- parla di una relazione dove entrambi i partner non riescono a lasciar andare un rapporto che non funziona più, nonostante sappiano porti solo a delle conseguenze negative. Tutti i discorsi non fatti, gli effetti del silenzio e delle parole mai dette: sono tante le parole che non diciamo ogni giorno, che la paura o l’orgoglio bloccano sulla punta della lingua. Paura del giudizio, paura di non saper gestire le conseguenze, paura di ferire. Pop, urban, tematiche incredibilmente intime e sonorità familiari (non sinonimo di banali) ci fanno ben sperare per questo nuovo progetto targato Sony Music Italy.
Wasabe – Farfalle
Secondo singolo per la vicentina Wasabe, vero nome Sabina Canton, classe 2000 che ha debuttato in estate con il brano Venti per Aurora Dischi. Farfalle è una canzone dalla storia importante, perché “rielabora il ricovero per anoressia superato dalla cantautrice grazie anche alla musica e alla comunità LGBT di cui fa parte”, e tenere a mente il significato del brano permette di apprezzare ancora più in profondità una canzone che già a livello di suoni riesce a fare un’istantanea amicizia con le membrane uditive. Il riferimento piuttosto evidente è quello di Ariete, a cui Farfalle deve molto sotto praticamente ogni aspetto, dal sound allo stile del testo all’interpretazione vocale alle atmosfere; il brano però sta in piedi da solo, e qui aiutano le sue sonorità fresche e moderne e anche i vocals di Wasabe che canta “in punta di piedi”, quasi confidenzialmente come se si stesse rivolgendo a un amicə invece che a potenzialmente qualsiasi essere umano dotato di connessione a Internet.
Aftersalsa – Arabo
Secondo loro “future pop”, secondo noi “post-emo”; sta di fatto che gli Aftersalsa parlano di “sogni anni ’90” e usano synth anni ’80 per tentare di creare la musica degli anni ’20. Arabo è il singolo che segue Matteo davvero, brano su cui la band aveva cominciato a spostare il proprio sound verso una direzione più “synthpop” (da prendere con due o tre paia di pinze) ed elettronica, sempre con parecchie tonalità notturne -e forse non è un caso che il testo si apra parlando di panini presi (verosimilmente) dal kebabbaro la notte precedente e di fusi orari sballati che fanno sì che una persona vada a letto quando l’altra si sveglia. Gli Aftersalsa continuano a convincerci anche su questo singolo che smussa qualsiasi velleità di catchiness e orecchiabilità in favore di un approccio livellato, quasi ripetitivo al punto dell’ipnosi tanto nell’incedere dei vocals come nel synth che accompagna il brano intero. Esperimenti sonori che ancora una volta giungono da un’etichetta dall’occhio lungo come Futura Dischi.
Dea – Times Square
Si fa chiamare Dea e la sua bio recita ovviamente che “God is a woman”; nella vita ordinaria fa la giornalista e speaker radiofonica ma quest’anno si è messa in gioco dall’altra parte della barricata, pubblicando i suoi primi due singoli Déjà vu e Vicini, tutti caratterizzati da un’estetica in bianco e nero per le copertine; la stessa di Times Square, il suo nuovo brano ispirato alla piazza più ambita del mondo, quella sui cui cartelloni pubblicitari finiscono a ruota un po’ tutti gli artisti più conosciuti. Così come la Times Square geografica è un viavai di persone e di culture diverse, la Times Square musicale di Dea è un connubio parecchio interessante tra una voce impostata su sonorità vicine alla trap e una base sonora che deve molto all’EDM anni ’90 -qualcosa che, forse dal basso della nostra ignoranza- non ci è capitato di sentire spesso. Dea ne parla così: “a volte avrei solo bisogno di un modo per fuggire dal caos che c’è nella mia testa e Times Square è stata come un jet privato verso New York, un modo per spegnere i pensieri e immaginarsi in una piazza gremita di gente, chiudere gli occhi e farsi trasportare dalla musica”.
Dheli – Sta cazzo di vita
A un paio di mesi da Uno così, l’eclettico songwriter e produttore spezzino-milanese Dheli torna con un nuovo singolo intitolato Sta cazzo di vita. Si tratta di un brano che presenta da subito evidenti influenze pop punk -a partire dal giro di chitarra alla Green Day o New Found Glory- ma che di pop punk in realtà non ha così tanto: niente chitarre distorte, niente batterie pompate, niente ritmi scatenati su cui saltare sotto il palco. Sta cazzo di vita è in realtà una sorta di ballad; che farebbe la sua bella figura anche come pezzo punk certamente, ma che si ferma un paio di step prima di raggiungere un sound full band. Scelta curiosa, soprattutto in questi tempi in cui il genere sembra fare un inaspettato e improbabile ritorno, ma che apprezziamo anche solo perché fa l’occhiolino a una moda ma senza mettersi in fila per seguirla.
Francesco Gori – Amore
Il progetto più strampalato (in senso buono of course) della settimana ce lo propone Francesco Gori, polistrumentista toscano che in Amore regala quattro minuti di brano interamente strumentale con una chitarra e una tastiera (e una batteria etc. insomma, un brano full band dove manca solo la voce). La canzone è piuttosto dinamica, perché contiene alcuni “momenti” che si alternano, tra quello che potremmo definire il ritornello che sembra la colonna sonora di un film italiano colorato in qualche momento di viaggio -verosimilmente in autobus, o forse anche in bicicletta- e i momenti interlocutori più bui e riflessivi. Anche senza la voce il brano riesce a essere pienamente espressivo e tiene impegnati per l’intera durata, cosa non facile quando non hai delle parole su cui concentrarti. Si tratta del suo singolo d’esordio come solista, il che dimostra una certa dose di coraggio (e magari anche un pizzico di incosciente follia).
Ilclassico – Camera mia, camera tua
Ritorna il duo emiliano Ilclassico, che avevamo già visto all’opera con il singolo Come viene, sempre per Matilde Dischi. Camera mia, camera tua è un altro brano pop rock allegro e quasi giocoso, raccontando “le dinamiche di una coppia che ancora deve imparare a conoscersi, con un invito ad abbattere la timidezza iniziale”. Tra le notti di Riviera e i baristi innamorati e varie citazioni di Notting Hill, il duo mette insieme un brano retto da un ritornello particolarmente orecchiabile che vuole omaggiare la disco music anni ’70. Musica innocua e spensierata che però mette di buon umore.
Magenta #9 – Ceffi della Bolognina
Già visti con il loro singolo pre-album La doccia, i Magenta #9 hanno ora finalmente pubblicato il loro album d’esordio Ceffi della Bolognina, da cui è tratto l’omonimo singolo in cui la band mette in chiaro di provenire dal celeberrimo quartiere bolognese sito proprio alle spalle della Stazione Centrale, e infatti numerosi nel testo sono i riferimenti a elementi “tipici” della zona come il chiacchierato People Mover “in ritardo o iperveloce”, il kiss & ride e la scelta se mangiarsi “tortellini o kebab”. Se La doccia giocava su melodie pop rock, qui siamo sul rock quello duro per persone brutte e cattive (per i ceffi della Bolognina insomma), e lo mette in chiaro il frontman Alessio “Amos” Amorati con un cantato graffiato e sporco come non se ne sentiva da almeno una ventina d’anni. I Magenta #9 insomma fanno quasi sul serio, ma sicuramente trasmettono una gran energia e voglia di bere birra a un concerto heavy metal.
Matilde G – Lasciami qui
Alcune settimane fa aveva fatto notizia in quanto artista più giovane a essere selezionata per la fase finale delle audizioni di Sanremo Giovani; la sedicenne Matilde G, italiana che vive a Singapore, ha pubblicato il brano con cui si è iscritta alla kermesse, Lasciami qui, fuori per l’etichetta svedese The Kennel AB. Non fatichiamo a capire come mai il brano avesse catturato l’attenzione della giuria sanremese: al di là della qualità musicale, Lasciami qui è un brano di musica leggera che deve molto alla tradizione pop italiana, perfetto per presentarsi all’Ariston. Allo stesso tempo, il sound del pezzo ha elementi del pop internazionale, in particolare nell’uso del synth molto più incisivo e potente di quanto siamo abituati a fare dalle nostre parti; un’influenza che forse deriva proprio dall’esperienza di vita all’estero di Matilde. A volte gli effetti sulla voce sembrano un po’ troppo accentuati a sfavore della naturalezza dell’interpretazione, ma siamo sicuri che -vista anche la giovanissima età- l’artista e il suo team di produzione sapranno trovare col tempo il modo migliore per valorizzare quelle che sembrano doti canore assolutamente notevoli.
Mc Flava – Fra le dita
Secondo singolo del 2021 per Mc Flava dopo Stanotte, l’Havana. Fra le dita è un brano in cui il rapper palermitano “pone i riflettori sulla necessità di lasciare la propria terra, la Sicilia, per ottenere riconoscimenti artistici”. Il flow di Mc Flava, vero nome Flavio Rezza, si dipana sopra un beat piuttosto minimale e semplice, che lascia la scena interamente all’elemento vocale e poetico, in cui l’artista prova a dar sfoggio a una certa versatilità, accennando un falsetto, inserendo momenti rappati in velocità e anche versi che si avvicinano al cantato.
Romeo + Drill + Mr. Brux – Sono ancora morto
Ecco il nuovo singolo del duo formato da Romeo e Drill che ci offre una nuova descrizione pop della solitudine, immergendoci in sonorità urban e influenze dei primi anni 2000. Romeo e Drill, come i Colapesce e DiMartino della strada, tornano con un nuovo capitolo insieme che segue il precedente Calmanti, un mondo oscuro e decisamente poco natalizio che racconta la malinconia estrema, senza rinunciare a movenze pop trascinanti. Un ottimo prosieguo per un percorso che vale la pena di essere seguito, ancora una volta.
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