Gli album del mese: Arlo Parks, Protomartyr, Wstr & more

Arlo Parks My Soft Machine copertina

Arlo Parks – My Soft Machine

(Transgressive Records, 26 maggio 2023)

Alte aspettative per il secondo disco di Arlo Parks, dopo che il precedente Collapsed in Sunbeams (2021) aveva incantato la critica e pure il pubblico. La giovane artista britannica su questo My Soft Machine non delude chi si attendeva un ottimo album: le sonorità vicine al soul e all’R&B sono in continuazione di quanto già sentito sul primo album ma con un tocco leggermente più pop, come del resto era abbastanza inevitabile che fosse vista la fama crescente di Anais. I testi sono un po’ più essenziali e maggiormente ripetitivi, ma senza che questo dia fastidio perché i ritornelli sono accattivanti. Sorprende la giravolta rock che prende la terza traccia, Devotion, non replicata altrove nel disco, mentre non è certo una sorpresa la comparsata di Phoebe Bridgers su Pegasus visto che ormai l’ex stellina dell’indie diventata popstar mondiale è presente in ogni dove. My Soft Machine è un disco che magari non spaccherà le classifiche, ma ha tutto per aiutare Arlo Parks a compiere un ulteriore passo verso la grande fama.

Arlo Parks sarà in Italia per un’unica data il 19 settembre 2023 all’Alcatraz di Milano (maggiori informazioni qui).


Protomartyr – Formal Growth in the Desert

(Domino Recording, 2 giugno 2023)

Con precisione ammirevole, Formal Growth in the Desert è il settimo album in quattordici anni di carriera per i Protomartyr, una delle più longeve band dell’attuale scena post-punk. Il gruppo del Michigan è ormai navigato, ma sul disco dimostra di avere molto ben presenti le derive recenti del genere, arrivando a contaminare il classico sound del post-punk con elementi più indie rock e altri più art rock, quasi sperimentali: una formula già collaudata notoriamente dagli Idles sull’ultimo disco Crawler e che è poi stata seguita bene o male da tutti i gruppi più in vista, a partire dai Fontaines DC e dagli Shame. In effetti su Formal Growth in the Desert le similitudini fra Protomartyr e Idles sono ben più che le differenze in termini di sound, il che non fa forse del disco l’album più innovativo in questo panorama al momento, però la direzione artistica è coerente e coesa dalla prima all’ultima traccia, alcuni pezzi sono veramente forti (pensiamo in primis a Make Way, 3800 Tigers e Polacrilex Kid) e la band sembra essere in pieno controllo del proprio sound e della propria arte. Il giudizio sul disco non può che essere ampiamente positivo, e quindi non vediamo l’ora di vedere i Protomartyr in Italia.

I Protomartyr saranno in Italia per due date, il 13 novembre 2023 al Locomotiv Club di Bologna (maggiori informazioni qui), e il 14 novembre allo Spazio211 di Torino (maggiori informazioni qui). 


Wstr – ‘Til the Wheels Fall Off

(Life or Death, 26 maggio 2023)

Quei burloni degli Wstr ci fanno lo scherzone sul loro nuovo album ‘Til the Wheels Fall Off. Da sempre criticati per essere troppo simili (per non dire uguali) ai Neck Deep, voce del cantante Sammy Clifford compresa, la band inglese comincia il disco con quattro pezzi che non potrebbero essere più uguali a una canzone media dei Neck Deep, con il loro generic pop punk tirato e veloce -ma pure piuttosto divertente. E così subito uno pensa “ecco, i soliti Wstr, incorreggibili, non cambiano mai!” E invece dalla traccia numero cinque la band comincia a divagare inanellando una serie di brani che toccano praticamente ogni tipo di sound in ambito rock: c’è una canzone uguale a Machine Gun Kelly ordinato su Wish (Isleepwithagun), una ballad veloce semiacustica (I Hate It Here), un pezzo post-hardcore (Poor Boy), un brano punk rock classicheggiante anni ’90 con tanto di assoli di chitarra (Bricks). Il guaio però è che i brani più convincenti sono proprio quelli dove la band fa la stessa cosa che ha sempre fatto dal 2015 a oggi, ovvero il più generic dei pop punk. Quando gli Wstr sconfinano in altri generi non risultano credibili e i brani stessi sembrano copie slavate di chi quelle sonorità le fa molto meglio; quando tornano nel proprio alveo suonano divertenti, catchy ed energici. Sarà che quell’epoca del pop punk è finita e quindi un po’ ci manca, ma noi un intero disco fatto come i primi quattro pezzi l’avremmo accettato più che volentieri.


Superlove – Follow:noise

(Rude Records, 2 giugno 2023)

A poco più di un anno dal loro album d’esordio Colours, i Superlove pubblicano già un nuovo disco, seguendo le logiche frenetiche del mercato moderno, o forse perché il loro primo disco funzionava fino a un certo punto. La band inglese definisce la propria musica come “noise pop”, ma per farla più semplice potremmo dire che si tratta della versione rock e heavy dell’hyperpop: i brani mischiano parecchi generi all’interno della stessa traccia e spesso nel giro di pochi secondi, passando da ruggenti breakdown easycore a chitarre acustiche da ballad con inserti elettronici nu metal e strofe pop punk. Così come accadeva in Colours, anche su Follow:noise il rischio è quello di perdere la bussola tra le mille sfaccettature sonore che la band allinea e i continui cambi di ritmo e di sonorità. Ci sono alcuni pezzi che sembrano molto riusciti e accattivanti (specialmente Go! e Easier), altri scorrono via senza lasciare troppe tracce, ma in generale sembra un disco che soffre di deficit dell’attenzione. Quello che stanno facendo i Superlove non lo fa nessun altro (o quasi, che noi sappiamo), per cui è anche normale che la loro musica risulti ostica e non sempre facilmente abbordabile; resta il fatto che la band dovrà probabilmente trovare la quadra fra la propria proposta artistica originale e la necessità di avvicinarsi alle facoltà di ascolto delle persone.


Oneiroi – Mania

(self-released, 26 maggio 2023)

Passo ufficiale d’esordio per Oneiroi che pubblica il suo primo EP Mania, intitolato come un disco molto brutto dei Fall Out Boy. Lui ha un nome d’arte piuttosto strano e dal significato probabilmente sfuggente ai più, e sicuramente a noi se il solito provvidenziale Google non ci fosse venuto in soccorso: gli Oneiroi -in greco Ὄνειροι- sono “dèi minori generati da Notte, consistendo nei sogni dei mortali” di cui “sono la personificazione”. Mania è un EP che ha una copertina veramente inquietante, un po’ come se uno degli Oneiroi malvagi (direi Fobetore, visto che è “ ‘Lo spaventoso’, che compare nei sogni sotto forma di esseri aberranti, quali bestie o mostri”) si fosse impossessato di un software di intelligenza artificiale e le avesse fatto fare l’incubo ivi raffigurato. Mania è un EP rock, ma il rock di Oneiroi si esprime su livelli e sonorità piuttosto differenti da una canzone all’altra. In soli cinque brani l’artista ci porta dapprima dalle parti dell’alternative rock infuso di emo che in Italia gravita attorno a band come Cara Calma e Voina (L’immagine di sé e Tienimi con te), poi ci fa ascoltare brani molto più classicamente rock cantautorale all’italiana (Mania, e in parte anche Pianeta Marta che ha echi di Vasco Rossi), e lascia spazio anche per un pezzo come Tigre che sembra una ballad quasi acustica nelle strofe per poi aprirsi in un ritornello decisamente aperto e cantato. Il rock a tratti cantautorale di Oneiroi ha certamente affinità con il mondo dell’introspezione, dello scandaglio psicoemotivo e anche sicuramente del sogno; le sue canzoni non vanno alla ricerca della facile melodia o delle sonorità poppeggianti che possano piacere a tutti, ma non sono assolutamente nemmeno di difficile digestione, motivo per cui Mania è un EP alla portata (e per il godimento) di chiunque apprezzi la musica fatta con le chitarre.


Linbo – Calesole

(self-released, 19 maggio 2023)

Un disco complesso e stratificato sicuramente difficile da inquadrare come gli stessi autori: un duo di autori / producer che lavorano a quattro mani e che mi sembra di capire siano i due emisferi di una sola testa, da una parte le macchine, dall’altra il piano, suono e melodia. Ne esce così un lavoro che spiazza a ogni brano lasciando un poco confusi ma sicuramente interessati, la tracklist alterna strumentali a brani cantati o parlati, brani più spinti e ballabili a landscape meditativi.  Disperdimi inserisce un cantato soffuso che non ti aspetti e che ricorda vagamente un Venerus in bassa risoluzione. Il crescendo di Schianto rilascia tutta la drammaticità che scopriamo leggendo la storia di questo disco: un incidente stradale con cui il duo ha rischiato la vita ma da cui è rimasto fortunatamente illeso. I due creano un suono eterogeneo, che confonde ma che non ti allontana, un viaggio immobile che ha i colori scuri di una notte appena iniziata, in cui alcuni bagliori del tramonto rimangono a brillare flebili, ovvero il Calesole che dà il titolo al disco e che lo chiude. La gravità quasi industrial del brano precedente (Quasi vita) lascia spazio al sollievo del piano lasciando una nota di speranza. Se volessimo fare i romantici potremmo dire che è la speranza di un’alba dopo ogni notte più scura, no?


Schiuma – Armonia//Silenzio

(Gold Leaves Academy, 2 giugno 2023)

EP d’esordio per Schiuma, pseudonimo di Susanna Trevisani, la vicentina classe 2000 che avevamo conosciuto come guest su Più piccolo, singolo dei conterranei Antartica. Il disco si intitola Armonia//Silenzio e contiene quattro canzoni che si aggirano dalla parte del cantautorato pop, ovvero un pop intimo e sensibile piuttosto che vivace e scoppiettante. Non è sbarazzino, dicevamo, ma rimane comunque deciso e sicuro di sé, come dimostrano bene Scintille e Fiori e fragole (quest’ultima accompagnata da una base pop rock dal sapore vagamente emo che la rende automaticamente la migliore del disco). Una nota di merito va al fatto che Schiuma riesca orecchiabile pur senza ricercare la soluzione facile e accattivante, rischio che evita nonostante le influenze indie che si sentono negli altri due brani. Ossessionata all’inizio è avvicinabile a uno stile simil-Ariete, ma poi prende una direzione più personale e non si fa fatica a riconoscerci quella che è già definibile come la sua orma; il cantautorato indieggiante è più forte semmai nella successiva Lalala, che delle quattro è la traccia più radiofonica e che sconta un minimo di ripetitività. Armonia//Silenzio – come suggerisce il titolo – è un EP delicato e introspettivo, nel quale la bella voce di Susanna riesce a incanalare l’emotività delle storie che racconta. [Simone De Lorenzi]


Marco Amoroso – Tutto passa

(self-released, 15 luglio 2021)

Con l’EP di Marco Amoroso facciamo un salto indietro nel tempo e andiamo addirittura nel 2021; in fondo, mica solo di musica nuova si deve parlare, no? Abbiamo detto 2021 perché è l’anno di uscita dell’EP Tutto passa, ma in realtà le quattro canzoni (più un’intro che però è la registrazione di un vocale su WhatsApp) sembrano proiettate molto più indietro nel tempo, verrebbe quasi da dire che si percepisce un’atmosfera da anni ’50, anche se poi i testi aiutano a contestualizzare i brani nel presente. L’artista romano ma ora residente ad Amsterdam propone brani interamente suonati al pianoforte, due dei quali arricchiti dall’incedere ritmato di una percussione in stile bossa nova e due invece più riflessivi e soffusi; l’EP si muove tra tenerezza e leggerezza, senza però mai rinunciare a una sorta di malinconia di sottofondo, a volte quasi solo percepita come in San Callisto. Un lavoro quasi d’antan che nel 2023 (o nel 2021, ma cambia poco) sembra quasi fuori luogo, ma che può probabilmente trovare la propria perfetta collocazione in qualche localino che permette ai cantautori di esibirsi.


Daniele D’Elia – Un po’ di te

(self-released, 26 maggio 2023)

Dal 2021 a oggi Daniele D’Elia è stato un metronomo, pubblicando con costanza un album all’anno: Da sogno a realtà (2021), poi Hello World (2022) e ora questo Un po’ di te, album che l’artista sardo racconta essere ispirato dalla dicotomia tra ragione e sentimento, un po’ come quando Daniele canta di voler andare in giro nudo (sentimento) ma poi di rendersi conto che questa non gli è concessa (ragione). Si scherza ovviamente, però la citazione è reale, dal brano Essere me. Un po’ di te è un disco in primis cantautorale, ma ciò non significa che le canzoni siano tutte (e nemmeno prevalentemente) chitarra e voce. Sull’album c’è anzi un po’ di tutto: si sente del funky (vedi la title track), brani dal tiro maggiormente (pop) rock come Un’altra via o La vita che sognavi, canzoni che potrebbero benissimo uscire dalla tradizione della musica leggera italiana alla sanremese (Bene o male, Le stagioni dell’amore). Negli arrangiamenti trovano spazio un sax, un organo, un piano… non ci si annoia insomma, anche se l’insistenza di Daniele sulle rime baciate rischia di rovinare l’atmosfera dei testi di parecchi brani. Un cantautorato così è forse un po’ fuori dal mercato in questo momento, ma siamo sicuri che l’artista, vista anche l’esperienza, abbia scritto questo disco principalmente per sé stesso e per amore della musica.


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