Alis Vibe, Weer, Rob Bellusci: le recensioni dei singoli italiani

Alis Vibe – Surfing the Light
Torna a distanza di quasi due anni da Shake This World Alis Vibe con il suo nuovo singolo Surfing the Light, un brano che invita ad “aver fiducia nel nostro bambino interiore e abbandonarci al flusso dell’energia, cavalcando le onde della luce”. Se la presentazione del pezzo ha un sapore un pochino mistico-esoterico, le sonorità del brano sono molto più accessibili ed eteree, posizionandosi su un pop di stampo decisamente internazionale e con tonalità e atmosfere un pochino downbeat e malinconiche, e sempre con un’ottima pronuncia dell’inglese. In Italia queste sonorità non hanno mai fatto particolarmente presa, ma all’estero con questi suoni ci fanno le popstar, anche quando i pezzi non sono necessariamente immediatamente catchy, come è il caso di Surfing the Light che è un bel pezzo ma magari non di quelli che restano in testa al primo ascolto -e non crediamo sia nemmeno lo scopo primario del brano.
Rob Bellusci – Non va
Rob Bellusci ci aveva lasciati lo scorso anno con il suo ultimo singolo Motivate U, se non contiamo la cover di Stars Are Blind. Per l’estate 2023 l’artista ci presenta il singolo Non va. La prima cosa che risalta è l’utilizzo della lingua italiana, che è qualcosa di assolutamente inaspettato, permettendo di percepire il singolo come più familiare. In questo tocco di ritrovata connazionalità, il pop punk con contaminazione trap continua a rimanere immutato. Il testo, che ha una disperazione viscerale, riesce a essere smorzato dagli strumenti, diventando un bel brano adatto per l’estate. [Maria Chiara Cerra]
Roby Margherita – Evidentemente
Evidentemente è un titolo che mi piace molto per una canzone, sia perché è un avverbio che uso molto volentieri, sia perché sembra una scelta abbastanza “alternativa”. Parte con buoni presupposti quindi il singolo di Roby Margherita, anche se rischia di rovinare tutto proponendo un brano dell’aborrito reggaeton. Del resto è estate e c’è fuori il sole, e quindi è evidentemente inevitabile che arrivi l’invasione di questi ritmi da spiaggia. Roby Margherita evita quantomeno le parole in spagnolo, e questo gli restituisce qualche punto. La sua canzone -devo ammettere- alla fine è piuttosto ballabile e allegra, e se mi piacessero il mare e le spiagge credo che la ascolterei volentieri uscire dalle casse di qualche stabilimento balneare con concessione pluriennale a prezzo stracciato mentre sorseggio un cocktail estivo pagato in contanti perché il POS non funziona.
Suits – Alba
Dopo un percorso fatto sotto il nome di Laerz, Alessio Lamberti si è rimesso in gioco come Suits, con cui ha pubblicato finora tre singoli fra cui questo Alba. Il brano è musicalmente molto interessante, proponendo un hip hop su una base quasi completamente suonata invece che al computer: la chitarra si avvicina allo stile dell’emo rap ma prende anche direzioni più movimentate, quasi rock, nel ritornello dove i giri del motore aumentano. Il cantato è invece decisamente più nello stile hip hop, a volte anche fin troppo marcatamente tale (specialmente nell’intro del brano), e non sempre il testo convince al 100% (“non ho messo le storie, ma c’ho un sacco di storie”); quello che fa Suits è però un genere un po’ a sé stante e assolutamente meritevole di essere ascoltato per il coraggio di mettere insieme due stili generalmente piuttosto lontani in un modo assolutamente credibile e naturale.
Veddasca – Lettere
Sempre per la questione che mi sento come un’oca messa all’ingrasso e alimentata a forza quando un artista pubblica nuova musica a brevissima distanza da altra nuova musica, ecco il nuovo singolo di Veddasca che appena tre settimane fa aveva esordito con Ritorni di domenica. Lettere è una canzone che “ritrae un momento felice nella vita di una coppia di innamorati”, anche se le sonorità hanno un sottotono un po’ malinconico. Il brano è sempre sull’indie pop, ma rispetto al primo brano fa maggiormente leva sui synth (specialmente nel ritornello piuttosto beat-toso che non ci dispiace affatto), con un cantato che per qualche motivo mi ricorda un poco quello di Marvin nella cover di Le Louvre. Mi auguro però che adesso Veddasca si prenda una piccola pausa per farci ascoltare e assimilare questi due nuovi brani con l’attenzione che meriterebbero tutte (o quasi) le canzoni.
Weer – Late to Pray
Avevamo conosciuto gli Weer alcuni mesi fa con il singolo Plastic Love, di cui avevamo apprezzato l’energia e il cantato ruvido e aggressivo, e un po’ meno la qualità della registrazione. Un po’ le stesse cose che potremmo dire del loro nuovo singolo Late to Pray, brano che anticipa l’omonimo primo album degli Weer. Il cantato è in gran forma come (e forse ancor più che) sul brano precedente, il rock proposto dalla band è tirato e carico ma senza dimenticare le sonorità aperte e coinvolgenti che dovrebbero avere tutte le buone canzoni rock un pochino radiofoniche. Le chitarre però suonano un pochino impastate e in generale l’impressione è che la produzione nel complesso sia un po’ compressa, cosa che da un lato rende più grezzo il sound della band, ma dall’altro toglie anche un po’ di bellezza al brano la cui strumentazione crediamo che potremmo godere molto di più con una produzione spinta e un filo più levigata.
Davide Di Natale – Non so più
Non so più è il terzo singolo di Davide Di Natale, un brano pop dall’incedere affine alla ballad, che racconta “la storia di un ragazzo che non è più stato in grado di spiegare a qualcuno cosa significa fare l’amore con un’altra persona”. Se è apprezzabile il messaggio lanciato dal brano, ovvero che “bisogna prima di tutto imparare a fare l’amore con sé stessi e poi con gli altri”, ci sembra un po’ troppo classicheggiante -da musica leggera italiana- la parte strumentale, e forse rivedibile anche la produzione dei vocals, fin troppo “sparati” in faccia rispetto al resto della strumentazione.
Fabrizio Mozzillo – Tempo perso
Vedi quanto detto poco sopra per Veddasca. Discorso sulla sovrabbondanza di singoli a parte (potremmo dire che Fabrizio Mozzillo non ha… perso tempo a pubblicare nuovi brani), il nuovo e terzo pezzo di Fabrizio, Tempo perso, è un tranquillo brano cantautorale dalle influenze e dal sound jazzistici e pop, che ci pare perfetto da ascoltare di prima mattina, possibilmente durante una colazione all’aperto in qualche posto di mare. La vicenda raccontata è quella di una storia d’amore “destinata a finir male”, ma raccontata con una certa originalità e musicata in modo molto piacevole, proseguendo quindi quanto di buono lasciato intravvedere dall’artista sul precedente e recente singolo L’ultimo Don Chisciotte.
In Arte Paris – Poetica
Paris era già occupato come nome d’arte (probabilmente da parecchi artisti), quindi il Nostro ci aggiunge un “In Arte” e il gioco è fatto. Poetica è il suo secondo singolo dopo l’esordio con Tuta, felpa e cravatta, e propone un indie pop di matrice urban che sembra scritto a tavolino per provare a entrare nelle playlist di settore come Scuola Indie o Indie Italia. Il brano e le melodie sono gradevoli, ma quello che sembra mancare è l’originalità, in un brano che sa ampiamente di già sentito negli ultimi 3-4 anni.
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