DIG DEEP: Beabadoobee, Fenne Lily, Shelf Lives / I 3 brani che ci hanno colpiti questa settimana

Beabadoobee – Glue Song
Mentre la sua unica data italiana si avvicina sempre più (appuntamento l’8 marzo ai Magazzini Generali di Milano), Beabadoobee ci regala un nuovo singolo giusto per farci prendere bene ancora un po’ di più in vista dello show. Il nuovo brano si chiama Glue Song, ed è un pezzo dove Beabadoobee non si allontana più di tanto dalle sonorità del suo ultimo disco Beatopia, e ci viene anzi da pensare che si tratti di una canzone registrata durante le sessioni di quell’album e poi lasciata fuori dalla tracklist. È anche un brano che ha però delle sonorità un po’ più raffinate ed eleganti, con una tromba jazzistica che fa capolino qua e là; è soprattutto un brano d’amore, e non per nulla Beatrice l’ha pubblicato il giorno di San Valentino: “I’ve been stuck by the glue onto you”, canta l’artista nel “ritornello”, giusto per fugare ogni dubbio sul tema amoroso del brano. Glue Song è in definitiva una canzone dolce e cute, che non sarà magari nella top 5 dei brani di Beabadoobee ma che è certamente un gradito regalo per tutti noi fan in un giorno (per alcuni) speciale.
Fenne Lily – Dawncolored Horse
“Ho ascoltato molto country mentre scrivevo il materiale del nuovo album”, dichiara Fenne Lily a proposito di Big Picture, il suo terzo disco in uscita il 14 aprile per Dead Oceans. E le influenze si sentono eccome sul singolo di lancio, Dawncolored Horse, un pezzo indie / folk che però ha sonorità che si avvicinano al parecchio al genere americano per eccellenza. Il cantato di Fenne è trattenuto, quasi sommesso, così come gli strumenti creano un brano calmo e raccolto, senza per questo essere privo di energia: l’artista del Dorset riesce infatti a esprimere espressività e potenza anche in un brano delicato ed elegante come questo, ed è uno dei migliori biglietti da visita per l’album.
Shelf Lives – Bite
Abbiamo parlato di loro giusto poche settimane fa descrivendoli come “Ke$ha versione post-punk”, ora gli Shelf Lives ci fanno sentire un singolo nuovo intitolato Bite, che ci dà dentro almeno tanto quanto le migliori canzoni sull’ultimo EP Yes, Offence. Il duo electro-punk britannico presenta una canzone che potremmo definire bipolare, con parti esclusivamente elettroniche alternate a stacchi punk o post-punk, e il cantato aggressivo, quasi urlato (quasi, eh) di Sabrina. Se il post-punk sta cominciando un po’ a stufarvi, gli Shelf Lives sono il perfetto antidoto alla noia.
Gli altri brani usciti questa settimana:
All Time Low – Modern Love: altra nuova canzone per gli All Time Low, che se ultimamente ci sono sembrati un po’ privi di direzione saltando qua e là attraverso sonorità differenti fra loro, a questo giro ci propongono un classicissimo brano “alla All Time Low”. I giri magari non sono proprio al massimo come sui primi dischi della band, ma comunque è un brano che funzionerebbe benissimo sulla tracklist di un Dirty Work o di un Future Hearts: il ritornello è aperto e melodico, piuttosto accattivante, le atmosfere un pochino sognanti ma anche decisamente pop rock. Gli All Time Low ci piacciono decisamente di più quando si attengono agli strumenti classici senza esagerare con i synth. Lol per la battuta sulle seghe inserita totalmente dal nulla nel bridge, ma anche questa se vogliamo è in stile All Time Low.
The Used – People Are Vomit: a parte il titolo “vomitevole”, i The Used annunciano l’uscita del loro prossimo album Toxic Positivity (19 maggio, Big Noise) con questo singolo molto rock e diretto, probabilmente più di qualsiasi canzone presente sul loro ultimo album Heartwork (2020), che non sembrava particolarmente ispirato. A dir la verità, questo singolo ci sembra tanto carico quanto poco memorabile; una gran differenza rispetto a precedenti lead singles veramente belli come Over and Over Again o Cry (anche se poi non sempre i rispettivi album si erano rivelati all’altezza delle aspettative).
Neck Deep – Heartbreak of the Century: i Neck Deep tornano con una nuova canzone che è più generic pop punk che mai, e questa non è necessariamente una brutta cosa. Heartbreak of the Century sembra uscita direttamente da un Life’s Not Out to Get You o da un Wishful Thinking, ha un ritornello discretamente accattivante e punta più sull’energia che sui riff memorabili. Da qualche tempo i Neck Deep hanno deciso di puntare principalmente sulle proprie abilità di base che li hanno resi celebri a metà dello scorso decennio, rinunciando magari a cercare di acquisire nuovi fan in altri ambiti musicali ma dando alla propria fanbase più devota quello che da loro si aspetta.
Story of the Year – 2005: dopo la cover non dichiarata di Ocean Avenue e il buon brano War, gli Story of the Year ci fanno sentire un nuovo pezzo intitolato, guarda un po’, 2005. La canzone sorprendentemente parla di quanto erano belli i vecchi tempi quando eravamo tutti giovani e ci si divertiva tutto il tempo, ma sarà ormai la ventesima canzone di questo tipo uscita negli ultimi 3-4 anni, e queste sonorità quasi pop mainstream non aiutano di certo a entrare nell’atmosfera celebrata nel testo. Molto meglio la variazione sul tema proposta dagli As It Is.
Island of Love – Grow/Blues 2000: prima band londinese messa sotto contratto da Third Man Records, gli Island of Love si preparano a fare il primo grande passo con l’uscita del disco di debutto self-titled prevista per il 12 maggio. La prima cosa che ci fanno sentire dal disco è questo doppio singolo composto dai brani Grow e Blues 2000, che però capiamo che è un doppio singolo solo perché c’è la slash nel titolo (e perché ce lo dice il comunicato stampa), perché altrimenti potrebbe passare tranquillamente per un unico pezzo da 4 minuti e 30. Il genere è quello che unisce l’indie rock alle influenze punk: immaginatevi i Pup senza i gang vocals e con un cantato molto più depresso e indie. A noi piace, proprio per il piglio deciso, energico e casinaro.
The Bar Stool Preachers – Doorstep: proposta tra il punk e l’alternative rock quella dei The Bar Stool Preachers, che il 31 marzo pubblicheranno su Pure Noise Records il nuovo disco Above the Static. La loro Doorstep suona un pochino come se i Muse pestassero duro con chitarre e batteria e non parlassero di stelle e cavità spaziali. I ritmi sono veloci, le sonorità trascinanti, manca forse un po’ di originalità.
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