Claudym, Kuni, Kate Klein: le recensioni dei singoli italiani

Claudym – Bugia
Anche questa settimana di uscite è salva perché c’è un nuovo pezzo di Claudym. La cantautrice milanese ha uno degli stili più personali, riconoscibili e fuori dal coro fra gli artisti della scena pop alternativa emergente che tenta di farsi strada verso il grande pubblico, e non a caso è stata notata -già da qualche tempo- da Island Records che l’ha messa sotto contratto. Il nuovo pezzo di Claudym si chiama Bugia; “prende spunto dalle conversazioni con le amiche e le trasforma in un manuale di riconoscimento per l’atteggiamento sospetto del proprio partner”. In sostanza è una sorta di piccolo manuale su come riconoscere quando il partner ti tradisce o nasconde qualcosa, ma sotto forma di canzone in pieno stile Claudym, con vibe un po’ creepy date dal synth (perfette per Halloween, vista anche la data di uscita), non affatto dissimili da quelle sentite sul suo primo EP Un-Popular uscito nella prima parte dell’anno. Bugia è un brano che, come il resto della discografia di Claudia, ha tutto per sfondare: è creativo, personale, parla potenzialmente a ognuno di noi, sta sui ritmi e le sonorità giuste -ed è pure perfettamente sincronizzabile su TikTok, aggiungeremmo, che anche se non ci piace è pur sempre uno dei modi per far esplodere le canzoni di questi tempi. Dita incrociate, che Claudym se lo merita!
Frejico – Tranne me
Secondo singolo del 2022 per Frejico dopo Quando saremo grandi, Tranne me è un brano che viene presentato come un miscuglio pirotecnico di influenze: “unisce una forma di cantautorato sperimentale a suoni urban contemporanei dalle influenze più disparate, dalla bossa nova dei primi anni ’60 alla trap moderna”. Nei fatti, questo breve brano (appena 2 minuti e 17 secondi) si può senz’altro ascrivere al fenomeno hyperpop, anche se spesso i suoi suoni sono più che altro minimali e il cantato molto affine a quello in voga nel mondo indie degli ultimi anni in Italia. Stringi stringi, potremmo dire che si tratta di un brano itpop ma con suoni sincopati e computerizzati, nel quale l’artista si lamenta perché la ragazza in questione poteva scegliere chiunque ma ha scelto tutti tranne lui.
Kashmere – Ammille
I bambini come la purezza e l’innocenza, rispetto all’impurità e alle meschinità del mondo degli adulti. Un topos parecchio diffuso in musica, in arte, in letteratura e anche nei discorsi delle persone, ma che non ci trova particolarmente d’accordo (secondo noi i bambini superati i tre anni sono cattivi e meschini tanto quanto gli adulti, se non anche più a volte). Ad ogni modo, è questo quello che Kashmere ha voluto esprimere con il suo pezzo Ammille: “da adulti è facile perdere la propria naturalezza, la spontaneità che avevamo da bambini, l’innocenza… eravamo così fragili ma anche così liberi e senza alcun condizionamento”, dice lui. “Ammille” è il ritmo a cui batte il cuore di Kashmere all’interno del ritornello di questo brano che inizia calmo e delicato con una chitarra acustica (un po’ come l’innocenza di un bambino [?], ci verrebbe da dire) ma che poi diventa particolarmente ritmato nel ritornello. Il brano è carino; sul tema ci dissociamo eheh.
Kate Klein – Lividi
Novità fresca in casa Indiebox: la label bresciana presenta il nuovo singolo di Kate Klein, Lividi, che viene per l’occasione accompagnato da un video che unisce le sonorità upbeat ed estive del brano (l’ambientazione sulla spiaggia) con quelle del momento di uscita dello stesso, ovvero Halloween con il suo corredo di scheletri e abbigliamento dark che è nello stile dell’artista. Il sound del brano si avvicina al revival pop punk che ormai da un paio d’anni sta imperversando oltreoceano e ora anche in Italia, ma lo media con la lezione ormai annosa dell’indie pop nostrano: alla fine Lividi è un pezzo che forse qualche anno fa sarebbe stato bollato come “a bit too pop for the punk kids, but too punk for the pop kids” (per riprendere una famosa opening line dei The Summer Set), ma che in questo periodo di genre-fluid [occhio alle lettere, non stiamo parlando di sessualità] può invece colmare il ponte proprio fra questi due mondi con successo.
Kuni – Sleep Baby
Non sono tante le etichette che in Italia possono fregiarsi con merito del titolo di “boutique label”, ma Factory Flaws è sicuramente fra queste, con una proposta che cerca di essere limitata numericamente ma altissima in qualità, innovazione e visione artistica unitaria. Kuni è la nuova scoperta di casa; si tratta del progetto dell’artista romana Eleonora Danese (il nome è l’abbreviazione del personaggio di Tekken Kunimitsu) e Sleep Baby è il brano con cui fa la propria presentazione ufficiale sulle scene. Il singolo, di chiaro respiro internazionale come quasi tutta la proposta di Factory Flaws, ha un sound pop leggiadro e velatamente ritmato -non di quelli che ti fanno ballare, ma ondeggiare e muovere un pochino la testa a tempo sì. È una canzone dalle vibe mattutine, caratterizzata da una prevalenza di colori chiari tendenti al bianco, perfetta per i momenti in cui si vuole ascoltare qualcosa di leggero e uplifting; l’unico neo che ci sentiamo di rilevare è la ripetitività un filo troppo accentuata del ritornello, ma il brano si fa ascoltare molto volentieri.
Lazzaro – Fears
Lazzaro mette in musica le sue paure per il singolo d’esordio Fears, pezzo che esce per La Rue Music e che presenta un bel concentrato di sonorità elettroniche che ripercorrono sostanzialmente l’intera storia della musica fatta coi sintetizzatori. Nella sua canzone, cantata un po’ in italiano e un po’ in inglese, sentiamo influenze che richiamano al pop elettronico anni ’80 dagli Eurythmics in giù, ma è una traccia anche debitrice della lezione della techno di inizio anni 2000 e con qualche spruzzata di mood funky che non guasta mai per dare il ritmo ballabile ai brani. Curiosa la tematica: “Dove finisce la paura? – questo era quello che cercavo di capire davvero. La paura finisce con un bel respiro”, dice Lazzaro, e a questo proposito invitiamo a dare un’occhiata al singolo appena qui sotto di Luca Bonifaccio, per quelle strane combinazioni di cose che si ricollegano senza saperlo. Fears è quel pezzo che non ballerai in discoteca quest’inverno, ma che sarebbe davvero bello se partisse al posto di qualunque commercialata verrà trasmessa dagli altoparlanti.
Luca Bonifaccio – Respirare
Con un pezzo registrato in Spagna, a Tarragona, dove attualmente risiede, Luca Bonifaccio si ripresenta con questa Respirare, che è un brano cantato tanto in italiano quanto in spagnolo, in linea con la doppia anima culturale insita nell’artista date le sue circostanze contingenti. Un passaggio fra le due lingue che peraltro avviene in modo particolarmente fluido e naturale, che quasi non ci se ne accorge. Respirare è un brano che “si evolve attraverso la musica e il testo fino a esplodere, proprio come un respiro che ci libera quando tutto sembra troppo pesante”, ed è proprio un respiro, anzi un sospiro, un’espirazione, quella che Luca Bonifaccio ha voluto inserire all’interno del brano dopo la prima lunga strofa, con una funzione quasi catartica. Quello di Luca Bonifaccio è un singolo tranquillo, in punta di piedi, ma che trasuda speranza e volontà di calpestare con leggiadria i giardini della propria esistenza, ricordandosi sempre di fermarsi, tirare il fiato e respirare.
Oli? – Scusa
Anche in Italia le major cominciano a mettere sotto contratto giovani artisti che vogliono ripercorrere il sound simil pop punk in voga in America sulla scia di Machine Gun Kelly. Uno di questi è Marco Poletto, in arte Oli? (col punto di domanda, perché viviamo in un’epoca di dubbi e incertezze), che è entrato da poco nel roster di Warner. Il suo nuovo singolo, Scusa, è stato prodotto da Riccardo Scirè, nome parecchio noto nel dietro le quinte dell’industria musicale italiana, e viaggia tra i sound da ballad strappalacrime nelle strofe e un ritornello più rock; potrebbe essere un pezzo lento dei Simple Plan o qualche brano rock di successo di fine anni 2010. La produzione perfetta si sente, i suoni strizzano molto l’occhiolino alla radio, l’interpretazione è emotiva al punto giusto. Commerciale ma gradevole.
Sharky MC – F**k You Hater
Non usa mezzi termini Sharky MC per il suo ritorno sulle scene dopo cinque anni. O meglio, forse un pochino li usa visto che la F-bomb è censurata, ma alla fine ha un certo stile anche così con gli asterischi. F**k You Hater è un pezzo con basi hip hop ma un andamento che lo rende anche parecchio pop e ascoltabile, senz’altro ritmato. Il cantato è un pochino sopra le righe e questo potrebbe frenare leggermente il pezzo, ma la voglia di mandare affanculo gli hater compensa in energia questa piccola mancanza. Naturalmente il brano “si rivolge a tutti coloro che cercano di ostacolare i tuoi sogni e le tue speranze. Bisogna andare avanti con perseveranza e con la forza dell‘amore. Il successo e la felicità stanno nell‘abilità di ignorare gli stimoli negativi”, dice Sharky.
Wasabi – Verde
Wasabi (da non confondere con Wasabe, il progetto della talentuosa artista vicentina Sabina Canton) è un trio romano formato da Alessandra Garofalo, Simona Mellone e Chiara Sella. Si presenta al mondo con questo brano intitolato Verde -colore che campeggia nelle scritte di copertina su un fondo prevalentemente viola- che “rompe l’illusione della speranza come cura e la dicotomica necessità di aggrapparcisi ed essere salvati. Verde è prendere una medicina sapendo che sarà un placebo eppure ingoiare lo stesso”. Una descrizione quasi filosofica per un brano che di per sé è piuttosto accessibile nel proprio sound (molto più che la sua presentazione, diciamo): un pop rock con velature elettroniche che in parte riprende la lezione dei Velvet d’inizio millennio; carino il ritornello, forse si poteva insistere di più su di esso visto il potenziale di presa immediata.
Yoann Paoloni – Per voi
Dopo L’amichi che avevamo ascoltato alcuni mesi fa, il cantautore corso (cioè della Corsica) Yoann Paoloni torna con un nuovo singolo intitolato Per voi. Il brano è ovviamente cantato in lingua corsa, che si rivela particolarmente melodiosa e dolce adattandosi alla perfezione a questa ballata rock interpretata con delicatezza da Paoloni. Si tratta peraltro di un brano che, al di là di eventuali limiti imposti dalla lingua, funzionerebbe bene anche in radio grazie al ritornello molto ascoltabile. Non possiamo ammettere di capire tutto quello che l’artista dice nel testo, ma Yoann Paoloni è artista vero che meriterebbe senz’altro una chance importante.
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