Gli album del mese: Spanish Love Songs, Hot Milk, Asking Alexandria & more

Spanish Love Songs No Joy copertina

Spanish Love Songs – No Joy

(Pure Noise Records, 25 agosto 2023)

Dopo aver conquistato i cuori di molti con quel fantastico album che è Brave Faces Everyone (2020), gli Spanish Love Songs avevano un compito durissimo come quello di provare a non deludere le aspettative inevitabilmente alte che si erano create. Invece di reiterare il sound che li ha resi popolari nell’ambito emo/punk, i cinque di Los Angeles hanno deciso di dare una decisa sterzata alle proprie sonorità. No Joy toglie quasi completamente l’elemento punk dalla musica della band, smorzando le chitarre in favore di un approccio un pochino più leggero, con qualche tocco di synth in più, in uno stile abbastanza reminiscente degli anni ’80. Non arriveremmo magari a dire che si tratta dell’album new wave degli Spanish Love Songs, ma sicuramente il gruppo ha voluto cambiare rotta, e la sensazione è che abbia fatto una buona scelta.

La continuità con il passato è garantita dai vocals stracolmi di pathos di Dylan Slocum e dai suoi testi tristoni (del resto, “No Joy” volendo significa pressappoco “mai una gioia”, espressione che ci sembra applicarsi perfettamente al gruppo americano): le atmosfere della band rimangono quindi inalterate, semplicemente in una veste più nuova e più accessibile. Non tutti i brani sono memorabili come accadeva in Brave Faces Everyone, e anzi verso la fine dell’album si comincia a percepire un po’ di stanchezza per il ripetersi di alcuni passaggi e alcune sonorità, ma quando gli Spanish Love Songs danno il meglio di sé -e accade spesso (vedi Clean-Up Crew, Haunted, Here You Are, Marvel, Pendulum e ci fermiamo solo per non fare una lista della spesa)- sono ancora il gruppo capace di lasciare il segno che abbiamo conosciuto sul precedente disco e su Schmaltz.


Hot Milk – A Call to the Void

(Music for Nations, 25 agosto 2023)

Dopo quattro anni e ben tre EP, arriva finalmente il primo disco degli Hot Milk. Il duo inglese ha siglato un contratto con la sussidiaria heavy di Sony, Music for Nations, un paio di anni fa, e la nuova casa ha probabilmente influenzato in parte l’evoluzione del sound del gruppo: se sull’EP d’esordio Are You Feeling Alive? Hannah e Jim si posizionavano nell’alveo del pop punk dello scorso decennio, pian piano le sonorità si sono appesantite e spostate su un rock alternativo decisamente energico e spinto. Più o meno le caratteristiche che ritroviamo anche su A Call to the Void, che presenta 10 brani più un’intro tutti ad alta intensità, sebbene con influenze e sound leggermente diversi. Ci sono pezzi un po’ più vicini al classico pop punk (vedi la divertente Alice Cooper’s Pool House), brani semi-balladosi (Breathing Underwater, Forget Me Not), anche un brano molto elettronicheggiante (Bloodstream) che ricorda la title track del già citato primo EP, e poi svariati pezzi rock piuttosto heavy. Confermatissima l’alternanza alle voci tra Hannah e Jim, che ci pare uno dei grandi punti di forza del gruppo perché crea un dinamismo accattivante e un continuo scambio che non fa mai annoiare; c’è pure qualche scream qua e là in alcune canzoni, per aumentare i giri del motore. Chi già conosceva la band non rimarrà probabilmente deluso dal disco, che vede gli Hot Milk perfezionare quello che hanno finora fatto pur molto bene; chi dovesse scoprirli per la prima volta potrà farsi prendere dall’energia e dalla voglia di mordere che il duo dimostra sull’album. Con questo sound “appesantito” ci sono peraltro tutte le possibilità di accogliere consensi anche in aree più distanti da quella alternative/pop punk che costituiva la fanbase di partenza del gruppo.


Asking Alexandria – Where Do We Go from Here?

(Better Noise Music, 25 agosto 2023)

Dopo il ritorno di Danny Worsnop alla voce nel 2016, gli Asking Alexandria hanno tenuto un ottimo ruolino di marcia di quattro album in sette anni, allontanandosi definitivamente dalle sonorità metalcore delle origini e del disco del 2016 con il cantante Denis Stoff, in favore di un sound più classicamente hard rock e, se vogliamo, mainstream nel senso di adatto per le radio rock americane. Non fa eccezione questo nuovo disco intitolato Where Do We Go from Here?, che ha occasionali parti più pestate e anche urlate, ma che nel complesso si configura come un disco per amanti dell’hard rock in chiave 2023. La produzione (a cura di Matt Good dei From First to Last) è perfetta, l’album ha dei suoni potenti e ben calibrati anche nel bilanciamento delle parti elettroniche, a livello vocale Danny fornisce la solita grande performance, così come sul pezzo sono i testi che parlano di ansie, ossessioni e incertezza sul proprio futuro. Il pezzo che ci gasa di più è Kill It with Fire ma perché è un minuto e 6 secondi di pura aggressività hardcore, quasi tutto urlato e assolutamente non ripetuto altrove nel disco. Gli Asking Alexandria l’hanno inserito nella tracklist quasi come un “interludio” o un pezzo alla No Need for Introductions / Football Season Is Over dei Bring Me the Horizon, ma a noi sarebbe piaciuto sentire qualche altro pezzo in più su questo stile.


Holding Absence – The Noble Art of Self Destruction

(Sharptone Records, 25 agosto 2023)

Due anni dopo l’album The Greatest Mistake of My Life, che aveva fatto registrare dei decisi progressi, gli Holding Absence tornano con un disco che ha tutte le carte in regola per consacrare il gruppo gallese. Il tipo di post-hardcore suonato dalla band è simile a quello di altri gruppi tutti britannici come Parting Gift, Casey e Acres, e noi l’abbiamo spesso scherzosamente definito “post-hardcore monotono” per la sua tendenza a ricalcare simili linee vocali, chitarre sempre pressappoco affini, brani intensi ma poco memorabili e, in definitiva, un po’ tutti uguali senza mai dei cambi di ritmo o di tonalità. Eppure piano piano gli Holding Absence si sono smarcati da questo “genere”. Già il precedente album aveva dei brani più memorabili e con un maggior carattere di specificità, ma su The Noble Art of Self Destruction la band fa un passo in avanti davvero notevole. Dei dieci brani nella tracklist, quasi tutti offrono un ritornello degno di questo nome, da imparare e cantare con trasporto ai concerti; chitarre che cercano percorsi e riff nuovi e stimolanti; e un cantato sempre al top della forma (quello, va riconosciuto, già c’era anche nei primi dischi). A tutto settembre, se c’è un disco nella scena post-hardcore che quest’anno merita la maggior attenzione possibile, è proprio questo degli Holding Absence secondo noi, perché sa comunicare emozioni, intensità ed energia con brani nuovi e belli da ascoltare.


Just Friends – Gusher

(Pure Noise Records, 1 settembre 2023)

Avevamo parlato di loro pochi mesi fa nel nostro articolo dedicato alle band che cantano male. Rispetto al disco del 2015 che menzionavamo in quell’occasione, purtroppo i Just Friends hanno imparato a cantare, anche grazie all’inserimento come co-lead vocalist di Brianda Goyos Leon che ha una voce davvero notevole e alterna inglese e spagnolo (l’altro cantante, Sam Kless, continua ad avere una voce epica da cartone animato). È così che questo nuovo album suona effettivamente bene, sia a livello vocale che strumentale. La band si lancia un funk rock scatenato e divertente, con brani pensati apposta per poter ballare e testi spesso paradossali e autoironici, a volte fin troppo, col rischio che l’eccesso di ironia finisca per far sì che non si prenda sul serio un album che invece ha parecchi meriti. Questo piccolo neo non impedisce comunque di apprezzare Gusher: le interazioni fra Brianda e Sam sono dinamiche e vivaci, la produzione cristallina e scoppiettante, i brani travolgenti sia quando si attestano sul funk classico sia quando alzano i giri e le distorsioni buttandosi su un rock più aggressivo. Su Gusher si trovano canzoni per tutti i gusti e ampie dosi di freschezza e divertimento, e i Just Friends sembrano aver trovato finalmente la formula perfetta per loro.


Alone I Walk – Flowers

(Adventure Cat Records, 8 settembre 2023)

“You’ll never walk alone” intonano i tifosi del Liverpool per incoraggiare i propri giocatori. Ma i fratelli François e Pascal Courcelles vengono da Winnicott, nel Canada francese: degli incitamenti calcistici se ne sbattono e chiamano il loro progetto Alone I Walk. Flowers – il disco è stato mixato e masterizzato dal “nostro” Luca Incerti, batterista dei WEL – arriva a distanza di quattro anni dall’ultimo EP The Hardest Year Yet (uscito per quella Anchor Eighty Four sotto cui pubblicarono i primi Grayscale) e vede l’egida della californiana Adventure Cat. Nel suo roster ci sono anche i First and Forever (usciti peraltro qualche mese fa con il bell’EP If We Go Down) e proprio al loro stile si avvicinano gli Alone I Walk. Le sei tracce guardano a un pop punk che rimane ancorato a melodie leggere: frizzantine e spensierate in Bitterend e Summertime, vicine all’emo pop in I Have to Try, Aftertought e East Coast; la sola Flowers si fa più seria e pesantina, ricordando vagamente l’ultimo EP degli Hawthorne Heights Lost Lights, anch’esso uscito l’8 settembre. Una buona prova di fine estate che terrà compagnia nel freddo dei mesi che verranno. [Simone De Lorenzi]


Fabrizio Mozzillo – Nomi cose città

(Malastrana, 6 settembre 2023)

A volte il primo album arriva all’età di 55 anni. È quello che è avvenuto a Fabrizio Mozzillo, ex avvocato che da qualche anno ha abbandonato la professione per trasferirsi in una località di mare dove ha acquistato una barca da pesca e ha ripreso a suonare e comporre i propri brani come faceva in gioventù. Nomi cose città è il titolo del disco, una sorta di richiamo forse ai tempi dell’infanzia, ma in effetti nella tracklist compaiono nomi (Totò, Don Chisciotte), cose (la casa, il tempo) e anche città (Roma). Va detto che Fabrizio lo definisce un album ma i brani sono solo sette, per cui resta da capire se di album si tratti davvero o forse più di un lungo EP, ma di questi tempi chi capisce più dove sta la linea di demarcazione?

Ad ogni modo, quelle che propone l’artista sul disco sono principalmente storie trasformate in canzoni: storie di persone, come la storia di Totò raccontata in maniera biografica (forse anche un po’ troppo enciclopedica) in Ciao Totò, la storia di un migrante della rotta mediterranea in Casa dolce casa, quella di un novello Don Chisciotte nell’omonimo brano; o storie di luoghi come in Magna Roma che tenta di condensare in quattro minuti tutte le caratteristiche (e gli stereotipi) della capitale italiana con arrangiamenti vagamente jazzistici, o in America che su un festoso country-folk da fiera di paese effettua la medesima operazione per gli Stati Uniti.

L’impressione generale di questi brani è che si tratti di canzoni che sarebbero perfette cantate sul palco di qualche teatrino di periferia, o magari anche in busking in qualche angolo di qualche scenico borgo marittimo del nostro Paese. Fabrizio Mozzillo ci pare avere l’attitudine perfetta, per sound e tematiche, per accattivare l’interesse delle persone, anche quelle che passano un po’ per caso, e portarle in storie, posti e tempi diversi e lontani fra loro. Su disco questa magia rischia di affievolirsi un pochino, vuoi per la difficoltà di trasporre in studio l’atmosfera del live, vuoi perché siamo abituati a sentir parlare di questi temi ormai un po’ ovunque… ma crediamo che per Fabrizio questo non sia un grosso scoglio: alla fine le canzoni si pubblicano in modo da poterle poi anche suonare in giro, no?


Gustavo – Stron*o -Un disco autobiografico-

(Aphrodite Records, 8 settembre 2023)

Giusto un paio di settimane fa ci chiedevamo se il brano “Stron*o” di Gustavo stesse per “stronzo” o “stronco”, e scopriamo ora che è l’intero EP a chiamarsi così. Così come per Fabrizio Mozzillo qui sopra, anche qui la linea di demarcazione fra album ed EP è molto sottile dato che anche Gustavo pubblica un lavoro di sette tracce; lui però lo chiama EP, e ci sentiamo di dargli ragione, anche se è un EP bello lungo! La postilla del titolo è “Un disco autobiografico”, per cui ci sentiremmo di dire che lo stron è quello con la zeta, ma solo perché “stronco” non concorda con “autobiografico”; ci mancherebbe che dessimo dello stronzo a un artista. 😀 Gustavo è un artista particolare perché evidentemente non si prende sul serio e molti dei suoi brani fanno ampio uso di ironia e sonorità scanzonate (vedi OnlyFans o Mi stai sul cazzo), ma in realtà il suo disco è anche pieno di brani d’amore dolci e malinconici (Oggi mi sento che o La più bella canzone d’amore), magari a volte un po’ non convenzionali (Old gold compro oro è un brano d’amore ambientato “al compro oro di piazza Dante”), e c’è pure spazio per un omaggio sentito a Fantozzi con ritmo reggaeton ma dal sound contro-estivo (Prenderò l’autobus al volo). È un disco insomma su cui c’è ampio spazio per la leggerezza e il divertimento, ma che consegna all’ascoltatore anche momenti impensati di riflessione o quantomeno di sentimento. Forse un po’ troppo ironico per l’attuale mainstream, ma assolutamente a proprio agio nella sua specificità.


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