FOR FANS OF: con Bodega, State Run Radio, Stellar Escape & more

Bodega band
Photo by Pooneh Ghana

Bodega – Doers

FFO: Amyl and The Sniffers, Idles

Ormai lo sappiamo tutti che da qualche anno c’è un’ondata post-punk che, partita come spesso accade dal Regno Unito, ha contagiato tutto il mondo. Il fatto è però che finché le band continuano a sfornare pezzi di qualità, non ci si stanca di parlarne, e allora ecco da New York i Bodega, quintetto giovane ma non comunque alle prime armi, se è vero che il loro primo disco Endless Scroll risale al 2018. Il nuovo album, Broken Equipment, uscirà l’11 marzo per What’s Your Rupture Records, anticipato dal singolo Doers. Se parlando di post-punk è impossibile non citare gli Idles (che volenti o nolenti influenzano inevitabilmente il modo di fare musica di buona parte delle band di questo genere), i vocals di Ben Hozie sono sostanzialmente quelli di Amyl and The Sniffers ma in versione maschile, col loro stile sempre a metà tra il cantato e il parlato. La band sarà peraltro in Italia nel 2022 per ben quattro date: 20 aprile al Circolo della Musica di Rivoli (TO), 21 aprile al Lumiere di Pisa, 22 aprile al Circolo Magnolia di Segrate (MI) e 23 aprile al Covo Club di Bologna.

Blc Mirror Club – Kontrol

FFO: Coheed and Cambria, Brand New epoca Daisy

Con un singolo uscito giusto il giorno di Halloween, anche se non necessariamente spooky salvo i secondi finali con le voci che parlano al contrario, i Blc Mirror Club ci presentano la loro versione di rock che chiamano “shocked rock ‘n noise”. Non abbiamo tantissimi altri dettagli su questa definizione, ma Kontrol se può esserne una buona indicazione di massima propone un rock alternativo abbastanza con chitarre piuttosto piene e alcuni accenni di teatralità che ci fanno pensare ad alcuni brani dei Coheed and Cambria a parte la storia dei fumetti, o anche al piglio di alcune canzoni da Daisy dei Brand New, il disco più “oscuro” e alt rock che la band abbia prodotto.

Bukve – Drown

FFO: Hån, indie pop ma sei in cima a un fiordo

Abbiamo già conosciuto Bukve in occasione del suo precedente singolo Let Me Go Son (nostra track of the day alcune settimane or sono). Se in quel caso però i vocals erano opera di Firewoodisland, qui l’artista norvegese canta in prima persona per la prima volta. Nonostante una certa timidezza che si percepisce nell’approccio al cantato (che potrebbe comunque anche essere frutto di una scelta artistica; d’altronde siamo in presenza di un brano piuttosto delicato), Bukve passa benone la prova del fuoco, e ci regala un pezzo indie pop in versione scandinava, ovvero meno glitter rispetto alle produzioni angloamericane e più ricerca del mood riflessivo e intimo, un po’ come se ci trovassimo in mezzo a una foresta nordica o in cima a un fiordo, che poi è esattamente il tipo di sensazione che ci fanno provare buona parte dei brani della nostra Hån -ispirata ai paesaggi nordici già a partire dalla grafia del nome.

Balbec – Appel du vide

FFO: The Cranberries, Citizen

Anche in Francia c’è chi si diverte a inventarsi suoni che sembrano usciti più dall’altro lato dell’Oceano Atlantico che dall’altra parte delle Alpi -anche se il cantato in francese ovviamente tradisce subito le origini del gruppo. I Balbec sono parigini e fanno “coldcore”, ovvero una sorta di mélange “tra post-grunge, cold-gaze e dirty pop” (qualsiasi cosa vogliano dire le ultime due parole). In sostanza, se il loro nuovo singolo Appel du vide è una buona indicazione, una musica che parte da importanti basi post-grunge per “sporcarsi” con atmosfere shoegaze e passaggi alternative rock, il tutto ovviamente con parecchie reminiscenze degli anni ’90. Non è un caso quindi che le due band che ci sono venute in mente ascoltando il brano siano i Cranberries -golden boys di quell’epoca- e i Citizen che ai giorni nostri stanno esplorando in lungo e il largo questo tipo di sonorità.

State Run Radio – Weapon Engage

FFO: Propagandhi, Sick of It All, H2O

Un po’ di hardcore punk direttamente da Long Island (e da dove sennò?). Ce lo propongono gli State Run Radio, che con una canzone di meno di 1 minuto e 30 secondi denunciano in musica i soprusi che vengono compiuti nei confronti degli elettori alle tornate elettorali americane. Il brano è tratto da una demo uscita di recente, che contiene anche un pezzo intitolato Panic, e ci fa pensare alle grandi band della tradizione punk e hardcore americana come Propagandhi, Sick of It All e H2O.

Stellar Escape – The Day We Met

FFO: U2, R.E.M.

Stellar Escape è il progetto solista di Sylvain Chatard, reduce dalla pubblicazione del disco d’esordio Unwavering Will avvenuta quest’anno. L’artista prende dichiaratamente ispirazione dalle new wave degli anni ’80 e ’90 così come dal pop rock dei primi 2000, e sono influenze che si possono facilmente riconoscere nel suo nuovo singolo The Day We Met. Il brano è tratto dall’album di cui sopra, ma ne è appena uscita una versione “radio edit” che dura circa un minuto e mezzo in meno. Il pattern delle chitarre fa pensare a certi brani più tranquilli degli U2, mentre si sentono echi di R.E.M. sia nell’interpretazione, sia nella scelta delle linee vocali.

So Long, Space Girl – Natural State

FFO: The Starting Line, Amber Pacific

Oxford, terra di universitari e di pop punk bands: gli oxoniani So Long, Space Girl hanno pubblicato a luglio il loro album di debutto Stranded, da cui è tratto questo singolo chiamato Natural State che è un megathrowback a quando verso la metà degli anni 2000 il pop punk e l’emo si erano cominciati a incrociare e venivano fuori canzoni veloci ed energetiche ma anche un po’ tristine. Praticamente è un brano che potrebbe tranquillamente figurare sulla tracklist di Fading Days, il primo EP dei mai abbastanza apprezzati Amber Pacific -anche perché le linee vocali ricordano molto quelle di Matt Young.

Timothy Ivan – Ghosts

FFO: Leonard Cohen, le ballad di Tom Waits

Una ballad autunnale al pianoforte, con un video d’accompagnamento volto a celebrare i paesaggi di questa stagione di transizione dell’anno. Timothy Ivan ha pubblicato quest’anno il suo primo album Grayhair, a cui ha lavorato con Andy LeMaster (già noto per il suo lavoro con Michael Stipe e i Bright Eyes); dal disco è tratto questo singolo intitolato Ghosts, che retto da un piano e dalla voce calda di Timothy, ci ricorda per il cantato e le linee vocali l’incedere dei brani di Leonard Cohen, e musicalmente e per spirito alcune ballad più tranquille di Tom Waits.


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