Moise, Antartica, Selflore: le recensioni dei singoli italiani

Moise – Mi fai venire
A un paio di mesi da Tranne la mia, nuovo singolo per i Moise, che sono parecchio giovani ma molto sbarazzini e soprattutto già piuttosto smaliziati, e non parliamo solo del titolo di questo brano (di per sé piuttosto eloquente) ma anche del loro sound e del loro modo di scrivere. Certo, i co-autori aiutano senz’altro, ma il gruppo sembra avere la stoffa e tutte le carte in regola per giocarsela anche in un ambito più mainstream di quello in cui al momento si trova (per ovvie ragioni temporali visto che sono appena all’inizio della carriera). Tradotto in parole povere: i Moise non hanno nulla in meno dei Maneskin, anzi forse in prospettiva hanno anche qualcosa in più e sono pure più autenticamente rock; poi chiaramente il successo segue dinamiche tutte sue. Mi fai venire è un bel pezzo alternative rock festoso e upbeat, con un ritornello facilissimo da cantare e anche per questo d’impatto. C’è pure la reference “nessuno mette baby KO” che richiama Dirty Dancing (così come aveva fatto la canzone dei Fall Out Boy, aggiungeremmo -visto che da buoni emo dobbiamo sempre infilare qualche rimando all’era dei ciuffi in tutto quello che scriviamo).
Antartica – Tipi a posto
Prosegue a ritmo frenetico la pubblicazione di nuovi singoli degli Antartica, che avevamo lasciato a febbraio con Schiuma e che ritroviamo con Tipi a posto, un brano che parla di amicizia (ma non è pop punk) per rimarcare il valore di questo rapporto anche a dispetto di quello che dice la gente “per bene”. C’è pure una megareference a un “amico brasiliano (che) ama la fotografia, ed è pure molto bravo”, che gli adepti della scena pop punk italiana sapranno senz’altro riconoscere. Tipi a posto è un brano essenzialmente pop rock, upbeat e veloce; un incrocio fra i Velvet e i Rooney, o gli Arctic Monkeys anni ’00. L’allegria che sprizza dai pori della canzone è contagiosa e non può che intonarsi perfettamente con le giornate soleggiate e tiepide di inizio primavera come quelle che stiamo vivendo. Un singolo che ci convince in pieno.
Monalisa – Ninfa
Quarto singolo per i Monalisa, band laziale che è già attiva da qualche anno ma che è stata finora parca di singoli (e sinceramente, va anche bene così, che qui tutti pubblicano valanghe di canzoni che poi scadono dopo 10 giorni dall’uscita). La loro Ninfa è un pezzo che riflette “su quanto tempo sprechiamo rimanendo bloccati a pensare senza agire mai”. Tono pensante che ha il singolo stesso, con il sound a metà fra l’indie pop e il rock alternativo leggero ma un’atmosfera un pochino riflessiva e nostalgicheggiante. Molto bello il synth che introduce le strofe, forse la cosa che più ci piace di questo pezzo -ma perché siamo amanti dei synth, non perché il resto del brano non meriti: il cantato è particolare, leggermente graffiato e fuori dallo standard, lo strumentale delicato e accompagna il pezzo senza strafare.
Selflore – Kingston
La pratica del riadattamento tradotto di cover è qualcosa che negli ultimi decenni, abbassate determinate barriere linguistiche, era logicamente scomparsa. Qualche anno fa i Quercia si erano lanciati in questa mossa con ottimi risultati e ora i Selflore con uno slittamento dai Citizen ai Title Fight propongono qualcosa di molto simile. È interessante come il risultato riporti all’originale ma suonando comunque molto fedele ai singoli a cui i Selflore ci hanno abituato: una voce mezza urlata, intelligibile ed empatica ma energica, unita a una strumentale spessa e corposa ma comunque affilata e coinvolgente.
Vick – Silly Dance (The Itch)
Silly Dance (The Itch) è il singolo d’esordio di Vick, artista italiano che ha scelto -andando in controtendenza- di cantare in inglese, forse anche per le sue esperienze di studio universitario oltremanica. Il brano ha un tema particolare perché racconta la battaglia legata alla convivenza dell’artista con la psoriasi, e alle conseguenze a volte debilitanti, specialmente sotto il piano psicologico e dell’autostima, che questa ha avuto su di lui. A livello musicale si tratta di un brano pop rock / alternative pop, con un ritornello abbastanza accattivante e un’ottima produzione la quale ha poco da invidiare a quelle più dispendiose del mondo mainstream. Manca forse un vero momento cardine del brano che renda il pezzo davvero memorabile, ma le basi di partenza sono decisamente buone.
Caldoinverno feat. Fratta – In un acquario (dissolve yourself away)
Terzo singolo per Caldoinverno, che propone una collaborazione di quelle che nascono non per le radio – radiofonica, d’altronde, la sua musica non è e non intende esserla – ma dall’amicizia. In un acquario è un’ulteriore prova della difficoltà di definizione del suo stile, che non si lascia ingabbiare da etichette di genere (forse perché davvero non ce n’è bisogno, così come non c’è una seria necessità di prendere alla lettera il testo ancora una volta sibillino). Come sempre quello che vuole suggerire è uno stato d’animo, in questo caso quello di ritrovarsi mentalmente sommersi e annegati: grazie alle chitarre fornite da Fratta, con un’inedita alternanza tra italiano e inglese e immerso tra suoni ovattati, il cantautore si prende cinque minuti abbondanti – che però non pesano sull’ascolto – per comunicare questa sensazione. [Simone De Lorenzi]
Eclipsis – Magenta
Il magenta è un colore molto pop punk: forse non è un caso che sia anche il titolo del singolo d’esordio degli Eclipsis, che tra l’altro vede il ritorno nei panni di produttore di Carati/Enzo dei WEL. Se fin dall’inizio e specie nei ritornelli la melodia è decisamente pop punk, nelle strofe si ha l’impressione che la voce femminile non voglia adattarsi a questo genere, ma rimanere su un respiro più indie o da cantautorato; eppure nel complesso funziona e trasforma il brano in qualcosa di originale. La canzone è breve, due minuti e mezzo spaccati, ma dice e fa tutto quello che ha da dire e fare. Un’altra band da tenere d’occhio nella rinnovata scena italiana. [Simone De Lorenzi]
Erry & Kenzo – Urlo
Proposta bella matta quella che ci arriva dal duo svizzero-italiano Erry & Kenzo con la loro Urlo, uno dei brani tratti dal disco 0/99 appena uscito. Il sound di questo brano fonde di tutto: un giro di chitarra da blues rock, il cantato che a tratti si avvicina al rappato, percussioni da world music, pure un suono che imita una sirena sul finale… del resto si presta benissimo a urlare “liberamente la rabbia con tutti il fiato che ho”, come dice il cantante nel refrain del testo. Le parole probabilmente non bastano neppure a parlare di questo pezzo: da ascoltare senza preconcetti.
Logo – Ultima
Dopo l’EP Inverno Deep del 2020, Giulia Di Gregorio aka Logo è tornata a gennaio con un nuovo singolo intitolato Fantastica, e ora ce ne propone un altro, segno che potrebbe arrivare un nuovo progetto discografico sulla media o lunga distanza prossimamente. Ultima è una canzone intesa come “una carrellata di momenti di inadeguatezza, un manifesto degli ultimi, una critica alla società della performance”. Le strofe acustiche del brano lasciano spazio a un ritornello 100% pop punk alla Machine Gun Kelly o Blink-182, con un sound decisamente a stelle e strisce che fa sempre piacere sentire anche qui in Italia. La canzone è catchy ed energica, però non possiamo fare a meno di notare come la qualità della produzione sia davvero bassa, specialmente nel suono della “batteria” che sembra eccessivamente finto, e nel cantato che avrebbe senza dubbio beneficiato di una maggior lavorazione che è peraltro ormai una prassi in questo genere; difetti che rischiano seriamente di compromettere la godibilità di un brano che invece di qualità intrinseche ne avrebbe.
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