GROOVE ON: Alejandra O’Leary, John Gallen, Adam’s Sister & more

Alejandra O'Leary

Alejandra O’Leary – A Word About It

Con un nome che tradisce tanto le sue origini colombiane quanto quelle irlandesi, Alejandra O’Leary è americana e propone un indie rock / indie pop leggero che sembra saldamente piantato nella miglior tradizione a stelle e strisce di questo genere. La sua nuova canzone A Word About It ha una bella chitarra acustica a fare da ossatura ritmica al brano, con una chitarra elettrica che invece inserisce riff che danno al brano un sapore vagamente anni ’90, e non è un caso che tra le sue influenze l’artista citi anche gruppi come Oasis, Blur e The Cranberries (ma pure Pixies, che in questo brano ci sembrano molto richiamati, e The Smiths, fra gli altri). La voce è leggiadra, vagamente imbronciata -il che aggiunge un tocco irresistibile a questo modo di cantare- la musica prende e la produzione è sul pezzo. Per noi un ottimo brano.

Baïki – Les boites

Rock in francese con un certo qual sottotono folk. È la proposta del progetto belga Baïki sul suo nuovo singolo Les boites, che potete immaginarvi come una sorta di unione fra Modena City Ramblers, Davide Van De Sfroos e i Flogging Molly. Il ritmo del pezzo è davvero coinvolgente, e anche se capiamo molto poco di quello che dice il testo, la lingua universale della musica ci permette di ballare e ondeggiare a tempo allo stesso modo.

John Gallen – Stand Tall in Hubabuba

Nuovo singolo per John Gallen, che avevamo conosciuto alcuni mesi fa con il brano Je m’en fous. La sua proposta stavolta si chiama Stand Tall in Hubabuba, un termine bizzarro che se lo cerchiamo su Google ci restituisce delle specie di cicche da masticare ma che crediamo l’artista irlandese utilizzi in maniera diversa nel testo (“stay away from the goddamned hubabuba”). Al di là del termine in sé, il brano è senza dubbio uno di quei pezzi che si definiscono contagiosi: il ritmo upbeat di questa canzone pop non può che coinvolgere e mettere voglia di ballare, ed è pure uno di quei brani che vedresti benissimo nelle rotazioni di qualche radio mainstream anche dalle nostre parti: la produzione è cristallina, il cantato sul pezzo, lo strumentale leggero e ritmato al punto giusto.

Adam’s Sister – My Life Might Suck (But So Do You)

Già solo per il titolo di questa canzone, My Life Might Suck (But So Do You), gli Adam’s Sister meritano che si parli di loro. La band inglese di Sheffield propone un pezzo pop punk con qualche vaga reminiscenza emo, molto veloce ed energico, sicuramente divertente come suggerisce già il titolo. L’assolo di chitarra nel bridge sembra uscito da qualche disco emo degli anni 2000, e il ritornello ha echi dei Fall Out Boy; ci si poteva forse risparmiare la sequela di na na na nel bridge e sicuramente andrebbe rivista la produzione per far suonare più pulito e cristallino il pezzo, ma non possiamo che approvare in generale la canzone e la verve di questa band.

Swamp Music Players – Free Color TV

Avevamo conosciuto gli Swamp Music Players un annetto fa con il singolo Jezebel, e li ritroviamo ora con un EP fuori da poco, Tiki Motel 2, all’interno del quale trova spazio questo bel singolo intitolato Free Color TV, che vede la partecipazione di Hilary Beckett alla voce. La canzone propone un bell’indie rock con nette influenze ’60s che potrebbero tranquillamente farla passare per una traccia di qualche disco alla Velvet Underground se la produzione e il cantato fossero più in linea con la musica che veniva fatta ormai quasi sessant’anni fa. Le vibe sono ariose, positive e danzerecce, il cantato fascinoso e le chitarre hanno un suono fantastico: non si può chiedere di meglio.

The Bolokos – Factory

Nel territorio caraibico di Guadalupa c’è chi prova a fare punk rock contro ogni circostanza -in primis contro l’inevitabile isolamento che vivere su un’isola lontana da qualsiasi rotta musicale comporta. La band in questione si chiama The Bolokos, ha un singolo nuovo intitolato Factory che è un classico pezzo punk rock con influenze ’70s e ’90s, un ritornello abbastanza orecchiabile e un sound tendenzialmente sporco che esalta l’aggressività tanto del brano quanto del cantato. Un po’ lungo il bridge strumentale, ma il resto della canzone funziona.


Tutti gli episodi di Groove On sono disponibili a questo link.

I brani di cui parliamo sono raccolti nella playlist Get Your Groove On, che puoi ascoltare qui!

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