Tatum Rush, Supertele, Giunta… le recensioni dei singoli italiani

Tatum Rush – Luna nera
Il cosmopolita Tatum Rush è uno dei tanti astri nascenti di casa Undamento; origini italo-svizzero-americane, nato a San Diego e ora residente tra le vigne del Lavaux, sul Lago di Ginevra, Tatum Rush è descritto come un viveur “dionisiaco ma anche salutista”. Il suo ultimo singolo è prodotto dalla mano fatata di Ceri e si chiama Luna nera; è un brano che si muove fra R’n’B e pop alternativo, dal mood danzereccio e ballabile ma che non si sentirebbe in discoteca (forse più al bordo di una piscina de luxe). Il video è stato girato addirittura a Taiwan ma lui non compare -era impegnato a filmare il videoclip di Too Late a Rio de Janeiro. Insomma, Tatum Rush si presenta con un profilo di alto bordo, ma il suo immaginario chic e modernamente dannunziano fanno breccia nella nostra mente e ci affascinano, un po’ come le sue canzoni leggere e poppeggianti ma parecchio accattivanti.
Aljssa – Questione di tempo
Alessia Spinelli, in arte Aljssa, da Carovigno nel brindisino, si presenta con il proprio singolo di debutto Questione di tempo, scritto in collaborazione con l’autore Fabrizio Berlincioni, già noto per aver scritto pezzi vincitori di Sanremo come Non lo faccio più di Peppino Di Capri e Ti lascerò di Oxa-Leali. Dal sapore piuttosto sanremese (almeno nell’accezione che l’aggettivo aveva fino a un paio di anni fa) è non per niente anche questo singolo, che si inquadra nella tradizione pop italiana, con un focus molto centrato sulle linee vocali di Aljssa che ha in effetti delle importanti doti canore. Il testo parla di “un amore giovanile ancora acerbo e immaturo” ma che si sta consolidando per diventare qualcosa di grande, e viene quasi scontato fare il paragone con l’artista stessa che sta muovendo i propri primi passi.
Dheli – La mia ragazza è punk
Che il pop punk stia tornando in auge ce ne siamo accorti ormai da qualche tempo, prima con le uscite americane di Machine Gun Kelly e dei numerosi rapper-diventati-poppunker traviati da Travis Barker, poi in Italia con il disco di GionnyScandal e una serie di artisti emergenti che sempre più stanno adottando i suoni da primi anni ’00 aggiornati ai tempi che corrono. Dheli, spezzino ma residente a Milano, tira fuori un pezzo molto veloce e catchy, prettamente pop punk in stile Blink-182, dove l’obiettivo è quello di fare casino e divertirsi, come dimostra anche il testo scanzonato e senza troppi pensieri. La produzione è pulita, lo stile è divertente, il ritornello e i riff sono catchy: c’è tutto quello che serve per saltare e fare balotta a un concerto. Side note: la “ragazza” di cui si parla nel brano in realtà è la chitarra di Dheli.
Giunta – Futuro
Una breve intro con suoni orientaleggianti che si tramuta poi in un pezzo fra indie e pop rock. Si tratta di Futuro, il singolo tratto dal nuovo EP Due di Giunta, artista palermitano rilocato nella città di Milano. Giocando su un curioso contrasto temporale, Giunta spiega che “Futuro è il principio di tutto, è come l’archè greco, l’elemento fondamentale da cui tutto ha origine”. È la prima traccia del disco, e con le sue venature dreamy lancia l’EP su un suono piuttosto rilassato, da domenica mattina o comunque da momento di ripresa dopo un gran faticare (o un gozzovigliare).
Hertzen – Save Me
Cantato in inglese, ma al 50% italiano. È il progetto Hertzen, duo elettronico composto dalla pugliese May Rei e dal produttore brasiliano Self, già volto noto della scena dance elettronica del suo Paese negli anni ’90. Il 14 luglio uscirà il nuovo album del progetto, intitolato Ananke, di cui Save Me è la prima anticipazione. Con il suo sound elettronico reminiscente degli anni ’80 che si muove su immaginari vagamente dark e da club alternativo, Save Me presenta reminiscenze alla Depeche Mode, o se vogliamo restare in Italia, alla Diana Est seppur con un cantato meno esuberante -e tecnicamente più qualitativo, non ce ne voglia Cristina Barbieri. Per una descrizione più professionale del pezzo lasciamo la parola alla band, che ne parla come di un brano dalla struttura “basata su un dialogo tra due drum set acustici, basso, suoni mellotron e un suono di sintetizzatore energico e sequenziato.”
Not a Sad Story – Rimane l’odore
Indubbiamente uno dei pezzi più delicati e toccanti della settimana, Rimane l’odore è il secondo brano in italiano del duo siciliano Not a Sad Story, seguito di Waterloo uscito a marzo. È un brano che racconta la malattia e la morte di un padre, senza risparmiarci alcuni dettagli scabrosi come la vista dolorosa della morfina sul comodino o i “peli di cazzo” che galleggiano nella vasca, ma capace anche di punte di lirismo come l’odore della schiuma da barba che evoca il ricordo paterno o l’idea di volare “vicino a te per portarti la voce che ora c’è” e che il cantante aveva “perduto” durante un periodo di blocco artistico seguito al lutto. Il sound del pezzo è fra l’indie e il trip-hop, assolutamente facile da ascoltare e apprezzare ma allo stesso tempo lontano dalle logiche commerciali o da radio imperanti al momento; una canzone che si fa apprezzare anche per la sua onestà.
Supertele – MDMAI
Nonostante quella pasticca sorridente in copertina e quel titolo MDMAI, il nuovo singolo di Supertele non è tanto una canzone che parla di droghe da sballo, ma un invito a non demordere e non mollare, perché nella vita non si può mai sapere; in poche parole, “mai dire mai”, che è in realtà quello che il titolo vuole implicitamente dire. L’artista di base a Milano ci propone un brano essenzialmente indie pop, che nel ritornello cerca di far leva sull’effetto ripetizione scandendo la frase-fulcro “mai dire mai” un numero imprecisato di volte, fino a che alla fine anche dopo un solo ascolto del brano difficilmente ci si ritrova a non canticchiare nella mente le parole.
Vincent – Molotov
Qualcuno potrebbe leggerci una critica agli eccessi del politically correct, anche se lui osserva che alla fine “il significato è nella testa di chi ascolta”. Il bassanese Vincent si ripresenta dopo il suo primo singolo solista La casa dei matti con questo brano dal titolo esplosivo, Molotov, che si muove su binari pop ma con un piglio rock di sottofondo che deriva dalle sue numerose esperienze passate fra gruppi rock e metal. C’è anche una certa “cinematicità” nell’incedere del pezzo, che è forse stato concepito un po’ come se si trattasse della colonna sonora di un film epicheggiante, o quantomeno con scene di lotta, frutto della passione per il cinema dell’autore. In fin dei conti Molotov è un pezzo piuttosto accattivante e in cui Vincent mette in mostra anche non comuni doti vocali (vedasi il ritornello), e se qualche punto del testo potrebbe risultare controverso, è bene ricordare quanto specificato in apertura di paragrafo sul significato che ognuno può attribuirgli.
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