Rental0012, Emit, Euforia: le recensioni dei singoli italiani

Rental0012
Rental0012 – Spegnere il sole

I Rental0012 sono giovanissimi e vengono da Trieste. Cantano in italiano ma anche in sloveno (non in questa canzone), che ha perfettamente senso vista la loro origine “di frontiera”. Spegnere il sole è un brano che anticipa l’uscita -prevista per il 15 marzo- di un EP che ha un concept davvero figo: “ogni pezzo rappresenta una parte del tramonto. Spegnere il sole è dedicata ovviamente alla golden hour. Parla di un forte desiderio d’amore (un po’ alla Fromm per certi versi), di un’attesa che intensifica il desiderio dell’arrivo della notte, che porterà libertà e freschezza con sé. Metaforicamente è comparabile a una ninnananna al sole”. È una canzone fresca con sonorità fresche che mettono pienamente in mostra i diciotto anni e l’entusiasmo di questi ragazzi. Una chitarrina quasi da spiaggia articola il riff principale mentre la voce ammaliante chiede “tipo 12 volte se qualcuno può spegnere il sole, visto che fa un caldo noioso”, come spiegano il pezzo i Rental0012. Di questa canzone ci piace praticamente tutto, dall’arrangiamento semplice ma intelligente alle sonorità accattivanti nella loro eleganza all’interpretazione sensibile. Una ventata d’aria fresca per chi crede ancora nel semplice potere delle canzoni belle.

Elephants in the Room – Should Be Running

Un bel mattone contro una vetrina questa Should Be Running, nuovo brano che ci propongono gli Elephants in the Room dal loro ultimo album, intitolato forse poco originalmente One Step Forward, Two Steps Back. La band ci inganna con strofe melodiche e tranquille, in cui si sente anche un cantato vagamente “alla Maneskin” (passatecela), per poi far esplodere dei chitarroni ciccioni e aggressivi che ci portano al ritornello. Immaginatevi i The Black Keys o i Royal Blood ma in versione cattiva (i The Wlack Keys o i Woyal Blood, diciamo). Sound decisamente internazionale, e cantato in inglese che non possiamo che lodare in quest’epoca di autarchia estrema.

Emit – River

In continuità con l’album d’esordio uscito lo scorso dicembre, il singolo River non si distacca molto da quelle sonorità ma anzi le esplora riempiendo alcuni vuoti. Una chitarra empatica si muove libera su un beat quadratissimo, quasi da preset, un contrasto che non rovina ma a suo modo esalta l’enfasi di un brano che sa di intimità e di una nostalgia da sorriso sulle labbra. Una prima prova in inglese che sottolinea il valore di un artista che, anche alla prova della seconda lingua, continua a suonare assolutamente credibile.

Euforia – Sempre in ritardo

Conosciamo gli Euforia con questo singolo intitolato Sempre in ritardo, che ci piace già in partenza perché descrive la nostra puntualità negli affari quotidiani (nella pubblicazione degli articoli qui sul sito invece siamo puntualissimi). La canzone “racconta la fine di una storia d’amore e ne analizza le paure, i timori e le ansie che ne conseguono”, che in sé è un argomento decisamente comune e ampiamente esplorato, ma questo non è tanto importante perché si tratta dell’argomento principe dell’ambito musicale, in cui ogni generazione continua e continuerà a ritrovarsi. Il brano viaggia sui binari di un indie pop alla chitarra, che si arricchisce però di sonorità più ritmate e anche di certi synth verso il finale, mentre il cantato risente decisamente dell’influenza della musica urban contemporanea -quella “da giovani”, quantomeno agli occhi di noi ascoltatori attempati. Sonorità piacevoli, sicuramente più adatte alle orecchie di chi ha almeno una decina d’anni meno di noi.

No Pine Mall – When You’ll Hit Rock Bottom

Con un titolo che ci ha subito fatto capire che sono italiani, i No Pine Mall ci presentano questo brano chiamato When You’ll Hit Rock Bottom, prima traccia del loro ultimo disco self-titled. Quello che fa la band monzese su questa traccia è un rock alternativo molto vicino al post-rock con un elemento progressivo nel brano; la canzone, così come i loro altri brani, è interamente strumentale, cosa che sicuramente non aiuta ad avvicinare alla band un pubblico ampio ma che può anche schiudere le porte di una nicchia appassionata, e che soprattutto per definizione non può conoscere barriere linguistiche.

Royal Division – Destroyed

Non sono una cover band che propone brani di Royal Blood e Joy Division, anche se la copertina del loro nuovo singolo ricorda parecchio quella di Unknown Pleasures. I Royal Division sono invece un gruppo italiano alternative rock che propone brani inediti, come questa Destroyed che è un pezzo piuttosto energico, dotato di influenze classiche e che sembra un brano che potrebbe passare senza problemi su Virgin Radio se fosse stato scritto da qualche band formatasi prima del 1995. Un pizzico di pulizia del suono in più non ci sarebbe dispiaciuta, ma capiamo anche la volontà di ricercare un’estetica retro che passa anche per questa produzione un po’ nostalgica.

La Syndrome – Köln

Tutto ci aspettavamo da una band chiamata La Syndrome che presenta un singolo intitolato Köln fuorché il fatto che si trattasse di un progetto italiano. È invece un progetto di stanza a Milano, con già alcuni singoli in saccoccia pubblicati nel corso degli ultimi due anni -peraltro in italiano: Köln è infatti il loro primo brano in lingua inglese. Il brano si sviluppa su atmosfere riflessive e spaziose, inserendo sia elementi al synth che strumenti reali e assestandosi su un rock alternativo con qualche traccia di post. È un pezzo che va in progressione e che va affrontato con pazienza per entrare nel finale più carico e appassionato; musicalmente è una proposta originale, con suoni rari da trovare nel panorama nazionale, anche se crediamo che la pronuncia inglese sia molto migliorabile e forse anche la convinzione dei vocals.

Cidibi – Settembre

Settembre è l’esordio assoluto di Cidibi, che non è l’anagramma di CBD ma l’insieme delle iniziali del nome dell’artista, ovvero Chiara De Benedittis. La giovane cantautrice brianzola ci presenta un brano di stampo cantautorale ma new style: non un mattone chitarra e voce con testi filosoficheggianti, ma un brano più sviluppato su sonorità al synth e cantato con leggiadria ma decisione da Chiara, che nel testo esprime una presa di coscienza passando “dalla convinzione che il male sia soltanto male e possa solo generarne altrettanto, alla consapevolezza che il bene possa nascere dovunque, anche dal male”. Molto bella l’interpretazione, sicuramente già incisiva e personale a discapito dell’assenza di esperienza di Cidibi, che dimostra qui di avere un potenziale non certo secondario. Ci permettiamo comunque di rispondere al “ma però non si dice” presente nel testo, osservando che in italiano è una cosa che si può dire correttamente, come ha fatto notare anche l’Accademia della Crusca.


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