DENTRO IL BOOKLET: Panic! At the Disco – A Fever You Can’t Sweat Out

 

Puoi leggere qui l’introduzione e la presentazione della rubrica

A Fever You Can’t Sweat Out è l’album di debutto dei Panic! At the Disco, e anche se il punto più alto della loro carriera l’hanno forse raggiunto nel 2019 quando High Hopes è (incredibilmente, inaspettatamente, impossibilmente) diventata virale balzando in cima a tutte le classifiche mondiali, resta ancora “IL” disco di culto della band, quello con pezzi iconici come I Write Sins Not Tragedies o Lying Is the Most Fun a Girl Can Have Without Taking Her Clothes Off (i titoli infiniti delle canzoni sono una delle ragioni per cui quest’album è così bello, ma ne parleremo magari in un’altra occasione; qui basta dire che più il titolo è lungo, più la canzone è emo).

Era il 2005, Ryan Ross aveva 19 anni, Brendon Urie addirittura 18 appena compiuti, ma di lì a poco sarebbero stati proiettati nello star system della scena alternativa americana. Complici, naturalmente, la spinta di un’etichetta quale Fueled by Ramen che in quegli anni stava registrando i primi grandi successi, e i Fall Out Boy: Pete Wentz aveva l’occhio lungo per i talenti e non ci mise molto a mettere sotto contratto i Panic! At the Disco per la propria etichetta Decaydance Records, sussidiaria di Fueled by Ramen.

Nonostante il successo che l’album ebbe già nel 2005 e poi negli anni a venire, il booklet del disco si presenta come estremamente essenziale; fin troppo -si potrebbe azzardare- per un disco così importante. La ragione forse è che i Panic! At the Disco erano dei perfetti sconosciuti al momento dell’uscita dell’album, e la cura messa nello sviluppo grafico del CD è stata uno degli elementi un po’ trascurati nel processo -processo che si è svolto anche con una certa fretta a quanto pare, se è vero che la band ha registrato l’album nell’estate 2005 non appena terminato il college e il disco è uscito a settembre. Chissà che con un po’ più di tempo a disposizione non si sarebbe potuto pensare ad arricchire il libretto di accompagnamento.

Panic At the Disco A Fever You Can't Sweat Out booklet

Il booklet di A Fever You Can’t Sweat Out si apre su quattro facciate contigue; il lato interno contiene letteralmente solo i testi in un font piccolissimo di color giallo su sfondo amaranto, e i credits. Tra le righe di questi ultimi si leggono nomi e cose interessanti. Brendon Urie e Ryan Ross si sono presi i credits per aver suonato praticamente tutto: voci, chitarre, tastiere, piano, fisarmonica e organo; Spencer Smith la batteria e le percussioni, e Brent Wilson il basso, ma appena un anno dopo quest’ultimo fu licenziato dalla band, con Brendon e Ryan che dichiararono che in realtà tutte le parti di basso furono registrate in studio da Urie e addirittura rese più semplici perché altrimenti Wilson non sarebbe stato in grado di suonarle live. Wilson ovviamente sosteneva il contrario, e chissà la verità dove sta.

Tra i ringraziamenti ci strappa una lacrimuccia quello ad Absolutepunk.net, compianto sito dell’era 2000s (e anche una buona metà del decennio successivo) il cui forum era particolarmente frequentato e influente nell’ambito emo e pop punk; più istituzionale quello a “Leslie e tutto lo staff di Alternative Press”, che invece nel bene e nel male è ancora ampiamente attivo. Solamente due sono le band citate: i compagni di label The Academy Is… (anch’essi scoperti da Pete Wentz e autori di un paio di buoni dischi emo/pop punk sulla metà degli anni 2000) e i più insospettabili Acceptance, che di lì a pochi mesi si sarebbero peraltro sciolti (per poi riunirsi nel 2015). Siete liberi di prenderli come consigli per gli ascolti ovviamente, soprattutto i The Academy Is… 😀

L’esterno del booklet è anch’esso divenuto a suo modo iconico. Altro non è del resto che la prosecuzione in grande della famosa copertina, dove compaiono una serie di bizzarri personaggi seduti su sgabelli, con la particolarità che i corpi e le gambe di ciascuna figura provengono da due immagini diverse. Può essere che alcune di queste gambe possano venire associate ad alcuni dei corpi presenti, ma sarebbe pressoché impossibile indovinare l’abbinamento, e certo non ci pare di vedere le gambe della statua romana che appare come quarta figura da sinistra, o del putto alato nella terza pagina.

Panic At the Disco A Fever You Can't Sweat Out booklet 02

Anche sulle identità dei personaggi sembra esserci poca chiarezza. Qualcuno ha fatto notare come il secondo personaggio da destra in copertina assomigli parecchio a Gerard Way, cosa che è senz’altro vera (poi da qui a dire con sicurezza che sia lui ce ne passa). Curioso anche il quadro che appare sullo sfondo dei personaggi; uno sguardo misterioso di una fanciulla di cui si vedono solo gli occhi campeggia su uno scorcio di prateria recintata, con una bizzarra scritta “Made in Mexcio” (sic) riportata per qualche motivo sulla cornice.

Insomma, ci piacerebbe sapervi dire di più su questo scarno ma così enigmatico booklet, ma pare che ancora per un po’ debba restare l’alone di mistero su questo disco. Nel dubbio, è sempre meglio chiudere la stramaledetta porta.

Brendon Urie Close the Goddamn Door

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