Viaggio nelle colline dell’argento di Beatrice Pucci / Intervista

Beatrice Pucci
Foto di Daniele Rossi

Sonorità lisergiche che trovano la giusta quadratura nell’ordine instabile di una sensibilità avvezza alla misurazione del caos: c’è qualcosa di estremamente profetico nelle trame dolceamare di Le colline dell’argento, pietra miliare e allo stesso tempo blocco di partenza di Beatrice Pucci, giovanissima cantautrice e compositrice classe ‘98 che pare ben decisa a fare le cose “a modo proprio”. Il risultato dell’azzardo (che è tale solo per chi non conosce ispirazione) è un lavoro denso, che nel giro di danze delle sue sei tracce raggruma e ispessisce la materia concettuale e culturale di uno sguardo sul mondo che, pur nella sua forte identità e autonomia, respira di un afflato generazionale, nella ricerca di un riscatto individuale che passi attraverso l’altro da sé alla riscoperta di una collettività che, oggi più che mai, torni a scoprire la propria intrinseca, profonda e umana fragilità.

Abbiamo fatto qualche domanda all’artista laziale, per saperne qualcosa di più sul disco, sulle sue “colline”, sulla sua idea di musica e di cosa davvero, oggi, abbia valore e importanza difendere.

Ciao Beatrice, benvenuta! Il tuo disco ci ha colpito fin da subito, con una buona dose d’iniziale stupore: hai prodotto tutto da sola, vero? Ci vuoi raccontare il perché di questa scelta, e magari raccontarci qualche aneddoto da studio, qualche risvolto particolare di come hai realizzato il tutto?

Sì, l’ho prodotto tutto io in un momento di delirio di onnipotenza durato sei mesi -ovviamente scherzo. Di vero c’è che ho suonato e prodotto io, incontrando limiti e sfide, un giorno sì e un giorno no. Mentre registravo arrangiavo e mixavo le varie idee sul momento, quindi non c’è stata una vera e propria separazione tra la fase di produzione -cioè scrittura, esecuzione, registrazione e arrangiamento- e di post-produzione, cioè mixaggio ed editing. Alla fine dei giochi ho inviato tutto a Justin Colletti, che oltre a essere un ingegnere mastering è anche un insegnante. Riguardo agli aneddoti mi viene in mente che per un po’ di tempo casa mia si è trasformata in un luogo di transito di scatole e pacchi. Per fare il disco ho dovuto acquistare strumenti vari, non sempre le cose arrivavano sane e non credo neppure io di aver mantenuto la sanità ma poi ho imparato a gestire la cosa nel durante, diciamo.

Proviamo a raccontare questo disco, anche in termini temporali: quando è nata la prima canzone di Le colline dell’argento? È un lavoro, insomma, di recente scrittura oppure lo culli da un po’?

Ho scritto le canzoni nel 2021, ovvero un anno fa. L’ultima canzone che ho scritto e registrato, Figli, attualmente non ha neppure un anno. Mentre la prima canzone che ho scritto è Angoli, nata a marzo del 2021.

Per tutto il disco, sembra che tu abbia voluto portare avanti un concept ben preciso, che prende forma dalle immagini dei vari brani che, a loro volta, prendono forma nella visione d’insieme di un viaggio musicale che richiama, nelle sensazioni che ha destato nella nostra redazione, quella sensazione di sospensione di cui tu sembri parlare più volte, nel corso del disco. Se dovessi scegliere una parola, utile a collegare come un filo rosso tutte le tracce dell’album, quale sarebbe e perché?

Adesso mi viene in mente la parola “partenza”, così a istinto; una partenza di cui si parla, parla e riparla, ma appunto finisce per essere solo un’idea sospesa.

Il disco si apre con Figli, unico singolo estratto dall’album. Perché hai scelto proprio questa canzone, come apripista del progetto? Ha per te un particolare valore sentimentale?

L’ho trovata la canzone giusta al momento giusto, questo almeno per me. Di sentimentale c’è che alla fine mi ha dato risposte.

Poi, comincia un viaggio che attraversa diverse tappe e scenari, per arrivare alla risolutiva (se una risoluzione può esistere) Angoli: ecco, qui sembri dare una risposta a quella spasmodica ricerca di felicità che sembra permeare tutta la tracklist. Sembra quasi che questo disco, queste canzoni, abbiano attraversato, raccontandolo, un processo personale che ha un inizio e una fine precise. È così?

Il disco è stato un viaggio non lineare, nel senso che Angoli, in un certo senso la risoluzione del problema, è stata scritta per prima, poi sono riemersa nel parlare di quello che è venuto prima.

Se dovessi dare una forma alle colline di cui parli, che so, identificarle con un luogo, quale sarebbe? Noi abbiamo cercato su Google, e abbiamo scoperto che esistono davvero delle colline con un simile nome, ma ci sfugge il perché tu le abbia scelte per titolare il tuo disco d’esordio…

Sì, Google vi ha detto la verità, le colline dell’argento sono anche un luogo reale. Per me le colline dell’argento sono l’unione di realtà e fantasia, sogno e razionalità. Un luogo personale, senza tempo.


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