“Spiegare le vele verso lo sconfinato oceano di sound”/ Intervista ai Flatmates 205

Dopo sette anni di attività e due EP, i Flatmates 205 da Torino arrivano finalmente al loro primo album, intitolato Pacific Ways. Abbiamo avuto modo di fare qualche domanda alla band riguardo questo nuovissimo disco, pieno di novità a livello strumentale e non, che si discosta un po’ dalle origini di puro pop punk del gruppo. Pacific Ways ci catapulta in un oceano musicale che ci porterà a scoprire le più inesplorate terre del Pacifico, guidati sempre da un’instancabile speranza che, come una bussola, impedirà di perderci.
Ciao ragazzi! Come state? Benvenuti sulle nostre pagine, e innanzitutto complimenti per il nuovo album! Avete fatto un bel cambiamento a livello musicale, passando dal pop punk a esplorare altri generi come il punk rock e chitarre molto più potenti in Sonder. Com’è avvenuto questo cambiamento?
Finora avete sempre cantato in inglese; perché la scelta di voler tornare alla lingua madre con questa divisione netta a metà dell’album?
L’idea è stata molto spontanea tra tutti. Ci siamo detti: “vogliamo suonare in italiano, ma anche in inglese… a cosa apparteniamo?” Effettivamente di solito si punta a una scelta netta di linguaggio, ma in Pacific Ways abbiamo voluto lasciare le strade aperte all’internazionalità: si va dal rione del Drosso dove la band mosse i primi passi, fino alle vicende dell’ammutinamento del Bounty, tra le isole di Tahiti e Pitcairn, o ne L’Ultimo Pezzo si cita la relazione da una parte all’altra della Manica di Ian [il cantante della band, NdR], a cavallo di due diversi paesi e culture. Quindi perché no? La società stessa dei giovani è sempre più volta a parlare anche le lingue straniere, per fortuna. Abbiamo percepito un senso di libertà nel scegliere ciò, e di buttarci cercando di ottenere qualcosa di originale, che lasciasse un’impronta più personale.
Riguardo la copertina dell’album, nei precedenti EP siete partiti dal surf, avete scalato le più alte vette e ora avete proprio preso il largo, da dove è nata questa idea dell’oceano?
Per le copertine, in effetti ci piace sempre metterci un po’ di natura. In Leave It All era il surf e il fiore d’ibisco, a indicare le radici musicali con la California… anche se ovviamente sappiamo che l’ibisco non cresce solamente lì. Per Shelbyville fu la montagna a Pian de l’Azaria. Per Pacific Ways siamo passati all’Oceano Pacifico. Il perché? Perché è l’oceano che va dalla California, terra fertile del punk rock e pop punk a cui ci ispiriamo, fino alla remota isola di Pitcairn, dove si nascosero gli ammutinati del Bounty, quindi un denominatore comune di luoghi e vicende. Inoltre, il termine “Pacific” gioca anche su un secondo significato: la ricerca di una strada che porti a un senso di pace, di ricerca interiore della serenità, seppur con tutte le gioie e dolori della quotidianità di tutti noi. L’idea di affrontare la vita con più serenità, ricerca di pace, riflessione, saper apprezzare l’euforia di un concerto e altrettanto il silenzio di un paesaggio immersi nella natura, soprattutto ora che abbiamo finalmente ricominciato a viaggiare tanto. Probabilmente questo “panismo” con la natura ha portato al concept di montagne e oceani sulle copertine. Non ci stupirebbe che certe idee diventassero parte della discografia mentre osserviamo foreste, brughiere, scogliere o vulcani.
‘Gli Ammutinati del Bounty’ e ‘Per Istinto’ riprendono due eventi realmente accaduti, ma anche così diversi fra di loro. Soprattutto nella prima, quando cantate “perché le storie si ripetono, chi lo sa”, mi sembra un concetto molto contemporaneo, quasi provocatorio sotto certi sensi. Siete tutti appassionati di storia e geografia o qualcuno in particolare? Inoltre perché di tante storie avete voluto prendere in considerazione proprio queste due?
In ‘Quelli Del Drosso’ c’è molta speranza nel futuro e voi rimarcate sempre una grande unione e “coinquilinanza” che è presente anche nel vostro nome. In ogni lavoro spiegate una piccola parte di questo legame, ed è un bel concetto. C’è qualche altro elemento di questa fratellanza ancora non raccontato in testi o canzoni che volete dirci?
La coinquilinanza dei Flatmates 205 per ora è rimasta sempre tra le mura della sala prove. Se in futuro diventassimo coinquilini? Mmm… prenderebbe fuoco la casa probabilmente! Però la coinquilinanza tra band ha sempre dato i suoi frutti: i Green Day stessi vivevano in un sottoscala a Berkeley, ovvero il salotto del videoclip di Longview, e questo sicuramente li ha aiutati a essere uniti e comporre canzoni a qualunque orario! Il nostro “effetto coinquilinanza” lo riscontriamo tuttavia anche al di fuori della sala prove: Ian e Simone parlano di calcio, e ovviamente sono rigorosamente agli antipodi col tifo, altrimenti sai che noia! Yuri, Simo e Samuel si ritrovano nei videogiochi retrò, ma sarà che ci piace così tanto suonare che anche a tavola, davanti a una pizza cliché pop punk, si finisce a parlare di dischi e tanto altro inerente ai personaggi della scena mainstream. Andremo infatti a vedere i Blink-182 a Bologna assieme, prima volta che ce la si fa tutti, Ian e Simo con la stessa identica maglietta. E questo traguardo lo festeggeremo all’autogrill, dato che l’indomani passeremo da Bologna a Montpellier in Francia per esibirci. Scampagnata da mille chilometri. Sopra o sotto palco, dei giorni da incorniciare come amici e punk rockers!
Nell’album date molto spazio agli strumenti, come se la musica aiuti a capire meglio tutto il senso della canzone. Cosa avete voluto esprimere con questi momenti musicali?
Ci sono diversi frammenti del disco in cui lasciamo spazio allo strumentale, giusta osservazione. La scelta stilistica va sicuramente a braccetto con le contaminazioni al pop punk che abbiamo inserito, e sicuramente mostra anche che spesso tiriamo fuori lo strumentale e poi il testo. La scrittura dello strumentale è stata un vulcano di idee, abbiamo anche scartato alcuni brani praticamente già pronti. E inoltre pensa che spesso ci siamo trovati a ridurre un po’ anche la lunghezza dei brani!
Nell’album avete collaborato con gli Stereo Age, proprio sul brano più pop punk. Qual è stato il processo creativo per la nascita della canzone?
La collaborazione con Daniele degli Stereo Age è nata innanzitutto in pura amicizia davanti a una birra, elemento fondamentale per andare a fare un feat., che si scrive feat. ma si legge friendship, e il poter fare un brano assieme è stato il modo di esprimerla. Il brano con le influenze di Daniele trascina subito al suono del pop punk vecchia scuola, e il testo è un inno al sorridere, al rimboccarsi le maniche di fronte alle difficoltà e camminare a testa alta. Il testo è stato scritto da Ian, ma al frontman degli Stereo Age è stata suggerita la libertà di esprimersi e interpretare una melodia che suonasse meglio per le sue corde. Il risultato ci piace davvero tanto: è incredibile come basti condividere la scrittura di un brano per farti aprire gli occhi e scoprire due modi diversi di stendere una melodia, che reciprocamente non avremmo trovato da soli!
Collegandomi alla domanda precedente, con quali altri artisti vorreste collaborare in futuro e perché?
Prossime collaborazioni? Samu dice Atlante e Brxit, band torinesi del panorama indie. Simo volge più sul metal, seppur influenzato dal pop punk, come potrebbe essere con Bjorn Streed dei Soilwork, oltre che con gli amici Lou Quinse, con cui ha suonato per anni. Ian rimane aperto a possibili gruppi di amici della scena, e col sogno nel cassetto: gli Allister!
In ‘As It Used to Be’ è il vostro bassista ad avere tutta la scena. Si capisce che ci sono dietro molti elementi personali e si ricollega a livello tematico all’ultima canzone. Come mai questa scelta di cambio di voce? Come vi sentite a consegnare al mondo una parte delle vostre esperienze personali?
La voce di Samu è piuttosto profonda e questa composizione scritta da Yuri nel 2018 che gioca anche su dei tempi dispari nelle strofe, le abbiamo inquadrate molto bene per una ballad. Il testo è stato scritto proprio da Samu, un inno per coloro che non ci sono più ma che, in qualche modo, rimangono sempre con noi. Scrivere una canzone riguardo alle esperienze personali è sempre una grande sfida, perché pur esprimendo situazioni proprie bisogna fare in modo che le persone che la ascoltano ci si possano immedesimare, o comunque ricevere una sensazione e un’emozione, senza andare a raccontare troppo nello specifico tra le righe del testo.
Vi ringrazio per il vostro tempo e come domanda finale vi chiedo: se poteste descrivere il vostro album in una parola per invogliare all’ascolto, quale sarebbe?
Grazie a te, Mary, per il tempo dedicatoci! Una sola parola per descrivere l’album? “Brezza”. Prendete il largo con Pacific Ways e lasciatevi trasportare, tutto il resto arriva!
Ricordiamo che i Flatmates 205 in occasione dell’uscita di Pacific Ways faranno un release party l’8 aprile al Blah Blah di Torino: per ulteriori informazioni potete consultare l’evento fb.