Dna71 – Zero / La recensione

Recensione di Dna71 – Zero a cura di Maria Chiara Cerra
La rinascita del pop punk da un anno a questa parte non sembra fermarsi, e anche nelle sue contaminazioni riesce a resistere e sopravvivere persino in Italia. I Dna71 dal loro EP Giovani per sempre del 2018 hanno decisamente fatto un grande passo in avanti con il nuovo album super estivo Zero.
Per essere precisi, è riduttivo definire il disco solamente pop punk, perché racchiude in sé molte influenze punk e rock che gli permettono di farsi apprezzare anche da chi spazia un po’ fra più generi. Impossibile inoltre ignorare la copertina con il suo lato emo che ricorda molto Tim Burton: alla fine di ogni cosa anche due scheletri possono amarsi, invogliando ancora di più all’ascolto.
L’album parte senza moderazione con Intro, canzone in cui sembra di essere a un concerto. Super carica nel suo strumentale che fa sperare di tornare a gridare sotto un palco, ma ben sapendo di poterci anche accontentare di una stanza o una spiaggia. Con del sano rock passiamo a Una notte come altre, trasportati in un vortice di serate e vampiri senza risparmiare un pizzico di critica sociale contro questa società più dell’apparire che dell’essere. Il che si ricollega nelle tematiche, anche se riprese in modo molto più crudo, a Plastica.
Cambiamo totalmente ambientazione perché Dove sei? fa dimenticare tutto quanto, catapultandoci in un’isola di eterna spensieratezza e felicità. Questa canzone è solo l’inizio di un crescendo che sarà completato da Per te e Alle sei, le vere perle di quest’album. La prima ha il featuring dei connazionali Cemetery Drive ed è impossibile non innamorarsi al primo ascolto. Le strofe in italiano e il ritornello che spiazza totalmente con il passaggio all’inglese di Simon Feichter la rende ancora più spettacolare, in un’unione di voci che saranno difficili da dimenticare. Alle sei non è da meno: la collaborazione con i Painkillers perpetua questo bilinguismo e il ritornello esplosivo può tranquillamente competere con una qualsiasi canzone degli State Champs.
Il resto delle collaborazioni in Punk (Sal dei Viboras) e Ho vinto io (Maggiore) sono in italiano come le restanti canzoni, ma non vuol dire che siano da meno. Soprattutto la seconda ricorda tantissimo Happy Hour di Ligabue e crea queste vibe dei primi anni 2000 che fanno venire in mente le atmosfere da Festivalbar.
Quest’energia sembra non finire mai e Le città diventa la canzone più visiva dell’album. Ogni persona può immedesimarsi e vedere sé stessa con la musica a tutto volume nelle orecchie, mentre scivola fra una metro e un tram in una qualsiasi città del mondo. Purtroppo la fine deve arrivare prima o poi, e ci pensa la versione acustica di In viaggio con te a far capire che per ora dobbiamo calmarci e riposare.
Le dodici canzoni di cui si compone Zero sono insomma la colonna sonora perfetta per qualsiasi viaggio, anche per chi è senza meta. Fidatevi di Zero: saprà portarvi lontano.
Ascolta qui sotto Dna71 – Zero!
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