“Chissenefrega”, parola di Nube / Intervista

Nube, un nome che rievoca la freschezza dei rovesci improvvisi e allo stesso tempo il mistero di qualcosa che continua a muoversi con leggerezza su una scena sempre più inaridita dalla siccità creativa contemporanea: insomma, che un po’ di pioggia possa farci bene? Il cantautore piemontese scuola La Clinica Dischi (fresca new entry dopo la pubblicazione con Revubs Dischi del precedente disco d’esordio Occhi cinepresa) ha calato l’asso debuttando con la “nuova maglia” della sua label e con un sound nuovo di zecca che ammicca all’elettronica in modo più sfacciato: “chissenefrega” è un moto liberatorio che prende forma sulle sonorità da discofloor che hanno il profumo della rinascita, e dell’arrivo della bella stagione. Insomma, “chissenefrega” è un’ottima occasione per fare qualche domanda a Nube e parlare un po’ con lui di questa nuova fase del suo percorso.
Bentornato sulle nostre colonne, Nube. Come stai, e come ti senti all’alba di questo ritorno, stavolta con La Clinica Dischi?
Ciao! Molto bene, grazie. È stato un bellissimo ritorno con un brano a cui tengo molto e dove ho cercato di esprimere veramente me stesso.
Racconta ai nostri lettori, se ti va, come hai vissuto gli ultimi mesi: vieni da un disco d’esordio che sembra aver rappresentato, allo stesso tempo, un punto di arrivo e un punto di partenza…
Il mio primo EP è stato sicuramente un bellissimo esperimento che ha avuto anche la fortuna di trovare un buon supporto da parte di Spotify. È stato un primo tuffo, ma ora sono già al lavoro sul secondo!
Poi, qualche giorno fa, il ritorno con “chissenefrega”: da cosa nasce l’esigenza di un brano con un titolo simile?
“chissenefrega” nasce dall’esigenza di raccontare qualcosa di personale e intimo. In questo brano faccio un po’ i conti con me stesso e provo a mettermi a nudo.
Il testo oscilla tra reminiscenze trasformistiche alla Renato Zero e il pop più arrogante di Rosa Chemical: che direzione sta prendendo la musica di Nube?
La musica di Nube sta andando verso una visione di pop personale che si contamina con tutto ciò che sta intorno.
Abbiamo avuto modo di spiare la tua attività live, e hai suonato parecchio lo scorso anno: cosa significa per te suonare live, e come sei solito portare in giro il tuo progetto?
Suonare è probabilmente la cosa più bella per un artista perché vuol dire portare fisicamente la musica davanti al pubblico con tutte le emozioni che ne seguono. Solitamente cerco di portare il progetto live con band e qualche base; io mi diverto molto a suonare le percussioni.
Nell’era della discografia indipendente, ci piacerebbe che tu raccontassi ai nostri lettori quali sono le croci e, se esistono, le delizie di essere oggi un artista emergente in Italia.
Diciamo che le croci sono sicuramente più delle delizie. È un mondo difficile, come tutto quello che riguarda i mestieri artistici, ma con la giusta determinazione si può arrivare ovunque.
E ora, cosa dobbiamo aspettarci da Nube?
Aspettatevi un singolo a giugno, poi vediamo!
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