“Ricerco la felicità nella comunità” / Intervista a Leo Fulcro

Leo Fulcro

Leo Fulcro è un artista romano che ha recentemente pubblicato Boy on Earth, una raccolta di sei brani a cavallo tra pop e soul, caratterizzati da suoni urban e liriche catchy che non rinunciano ad approfondire tematiche scomode come il senso di disorientamento che proviamo quando ci vengono a mancare dei punti di riferimento. L’artista è anche uno dei nuovi nomi del cinema italiano: ha esordito nel 2022 alla mostra del cinema di Venezia come co-protagonista de Il signore delle formiche di Gianni Amelio e sarà presente nel prossimo film di Marco Belloccio. Ecco cosa ci ha raccontato a proposito del suo nuovo lavoro!

Ciao Leo! Il tuo progetto artistico unisce varie discipline, dalla musica alla poesia, passando per il teatro e il cinema: come e dove trovi la forza di fare tutte queste cose?

Mi piace sperimentare, mi piacciono le parole. Mi piace dirle in un film, a teatro, nelle canzoni, mi piace scriverle. Cerco di affrontare tutto con semplicità, passo dopo passo e senza fretta. Con semplicità ho iniziato a scrivere la storia di Boy on Earth senza aspettative, poi mi sono accorto che l’arco narrativo era a metà, al che mi sono detto “mi impegno, vediamo se riesco a finire questa storia”. A quel punto, dato che nella prima fase ho dato sfogo alla libertà artistica, è subentrato il pensiero razionale. Si tratta di collegare i puntini: quando le premesse sono buone è semplice portare a termine un progetto.

Il tuo nuovo EP Boy on Earth racconta la storia di un ragazzo che prova a essere felice mentre il mondo cade a pezzi: nel quotidiano dove ricerchi la felicità?

Nella comunità. Conosco molte persone nel mio quartiere e nelle zone limitrofe alla mia, e spesso quando sono a casa faccio una passeggiata e incontro quasi sempre qualcuno. Gli parlo dei miei problemi, loro mi raccontano i loro, qualche battuta… e mi sento meglio.

Il tuo nuovo EP è composto da sei brani a cavallo tra pop e soul, con uno spiccato piglio urban: com’è avvenuto il processo di produzione? C’è un aneddoto in particolare legato alla scrittura dei testi che vuoi raccontarci?

La produzione di Boy on Earth è stata curata come sempre da Dost, mio amico fraterno presente dall’inizio. Per questo EP ho potuto contare sull’aiuto fondamentale di Giuseppe Romagnoli, Giorgio Cesaroni, e Giovanni Agosti, musicisti incredibili che già erano coinvolti nel progetto, e che ora hanno proprio messo mano sulle produzioni. Il giorno che abbiamo lavorato a La Mappa ho capito che stavamo facendo qualcosa di molto figo: io ero arrivato in studio con due accordi di chitarra e la prima frase “se fuori piove mi riparo tra i palazzi, Roma dalle mie parti sa di curry”. Solo questo. Poi Giorgio e Giuseppe hanno costruito l’armonia e io ho scritto il resto della canzone in studio. Inizialmente il ritornello mi sembrava un po’ azzardato, non uso spesso questo tipo di linee vocali, ma dopo un po’ ci ha fatto impazzire.

Boy on Earth è anche la storia di un viaggio senza meta: non ti fa paura perdere la bussola?

No! Sono abituato! Adoro perdermi.

Se volessimo trovare un filo conduttore tra le tracce, potremmo dire che sono le altre persone, quelle che fanno i luoghi del cuore, che tengono insieme i brani dell’EP ma anche la tua vita?

Certo, sono le persone che fanno i luoghi.

Tre brani estratti dall’EP (Yin e Yang, La Mappa e Gange) sono stati accompagnati da live session in stile Tiny Desk. Come mai questa scelta? Qual è il tuo approccio alla dimensione live?

Perché tutte le volte che faccio i concerti con la band la gente mi dice “Wow! Ma dal vivo è fighissimo!” Che da un lato mi sprona a lavorare meglio in studio, dall’altro mi sono reso conto che davvero i concerti ci vengono bene, e quindi ho pensato di mettere in risalto questo lato con questi video.


Tutte le nostre interviste sono disponibili a questo link.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *