La Pace di Blùnda / Intervista

Un distico dall’alto coefficiente di difficoltà (non è mica cosa semplice confrontarsi con le riletture di brani del calibro di Rimmel di Francesco De Gregori e Le rondini di Lucio Dalla) prima della pubblicazione di un paio di singoli che ultimamente stanno rimbalzando qua e là, stimolando crescente interesse, tra gli anfratti di una scena in disperata ricerca di nuove parole, nuovi suoni e nuovi linguaggi utili a re-inventare l’idea di canzone d’autore. Blùnda certamente le maniche se le sta rimboccando e i primi risultati non tarderanno ad arrivare – o almeno, così confidiamo.
Dopo l’esordio inedito con La mia Italia, la giovane cantautrice ha pubblicato sul calar dell’estate Pace, una malinconica quanto potente ballata che sembra rivolgersi al cuore di tutti, aprendo sentimenti e voce verso la ricerca di un’umanità migliore che possa passare dall’abbattimento di maschere e sovrastrutture, alla ricerca disperata quanto vitale di un nuovo centro di gravità permanente che ci salvi dal naufragio della nostra quotidianità. Insomma, un lavoro che certamente meritava il tempo di una veloce chiacchierata, utile a contestualizzare il percorso di un’artista da tenere d’occhio.
Blùnda, il tuo è un nome che negli ultimi mesi sta “rimbalzando” spesso nelle orecchie di chi segue la scena emergente nazionale. Un bel po’ di progetti interessanti, qualche pubblicazione di spessore e una penna che pare promettere scintille: ma chi è Blùnda?
Innanzitutto grazie per avermi voluta qui, un saluto a tutti i lettori. Mi piace definire Blùnda come un progetto, ma la verità è che sono io al 100%, non solo come persona ma come artista. Sono una giovane cantautrice con moltissima ambizione e voglia di fare. La musica è un mezzo potentissimo che desidero usare per raccontare di me e dei miei pensieri, ma anche per far provare emozioni alle altre persone e condividere qualcosa.
Raccontaci un po’ di te, dalle righe biografiche leggiamo che di strada ne hai già fatta, nonostante la tua giovanissima età. Ti va di raccontarci quali siano state le esperienze che fin qui hanno maggiormente contribuito alla tua formazione artistica?
Quando ero piccolina sono passata da un palco a un altro, per lo più durante saggi e spettacoli dall’anima “musical”: questo mi ha dato l’imprinting come performer a 360 gradi, non a caso sono una fan sfegatata di Beyoncé e dei suoi live. A dieci anni sono stata immersa per più di due mesi nel mondo Rai con “Ti lascio una canzone”, un’esperienza che mi ha veramente dato tanto. Ogni esperienza successiva poi ha contribuito in modo significativo nel rendermi chi sono oggi, perché mi piace poter sempre portare a casa qualcosa da ogni situazione. Tra tutte credo che mi abbia dato una grande spinta la partecipazione a una sfida di Amici nel dicembre 2019, perché ho portato un mio brano inedito e per la prima volta mi sono esposta davvero come cantautrice. È stato un bel banco di prova e mi ha aiutato nel rafforzare la mia autostima, mostrandomi che ero assolutamente in grado di sostenere quella situazione televisiva. Nel 2020 poi ho incontrato Marco Baracchino, il mio attuale produttore artistico, che mi sta dando veramente molto artisticamente, sia perché ogni giorno mi passa nuove conoscenze, sia perché mi permette di lavorare con lui in sinergia e quindi di metter direttamente mano agli arrangiamenti dei brani.
Anni di gavetta, poi l’esordio con La mia Italia: un brano che, attraverso echi mediterranei, sembra raccontare un’Italia che continua a “ballare sulle ossa”. La tua insomma è una scrittura che sa essere anche “impegnata”: cosa significa per te “scrivere”? Può ancora servire una canzone per “far rivoluzione”, come direbbe Francesco Guccini?
Sono una grande chiacchierona, ma questo non vale quando si tratta di parlare di pensieri molto intimi; eppure ho sempre sentito la necessità di esprimermi e, per far questo, ho trovato la scrittura. Nelle mie canzoni scrivo quello che penso, ma che forse non avrei saputo raccontare in altro modo. La mia Italia rappresenta il primo vero brano “impegnato” che abbia mai scritto, una scommessa fatta anche con una certa dose di ingenuità e che, alla fine, mi ha reso davvero fiera. Non so se una canzone possa far rivoluzione, ma sono sicura che l’arte e la musica possano ancora portare con sé importanti messaggi.
Poi, oggi, “Pace”: un brano più introspettivo che raccoglie l’eredità di una scrittura più autorale, più “italiana”. Qui, si parla di maschere, di finzioni e dell’amore che può far cadere ogni posa. Ci racconti il brano? Magari dandoci anche qualche accenno in merito a chi ci ha lavorato insieme a te…
Pace è una canzone molto intima, che nasce diversi anni fa, anzi vi dirò di più, è stata una delle prime canzoni che abbia mai scritto. Sono felice di pubblicarla perché ancora oggi mi emoziona ascoltarla e questo può significare solo che con Pace sono riuscita davvero a essere sincera con me stessa. Quando ho conosciuto il mio attuale produttore, Pace è stato il primo brano che gli ho fatto sentire, e subito se ne è innamorato. Era già quasi completo, mi ha affiancato l’autore Matteo Becucci nel sistemare un paio di frasi, e poi l’abbiamo arrangiata e fatta suonare da musicisti davvero talentuosi.
Oggi, sembra che le playlist editoriali siano diventati gli unici strumenti capaci di offrire un trampolino ai progetti emergenti. Tuttavia, i meccanismi che si celano dietro i cataloghi sembrano essere sempre più insondabili, e talvolta “torbidi”… tu cosa ne pensi della questione “playlist”, che importanza hanno per te i “numeri” virtuali?
Ad oggi sono molto legata ai numeri, perché ancora mi confronto con il mio pubblico solo virtualmente, ma mi rendo conto che la questione ascolti e playlist non debba esser presa con esagerata serietà. Alla fine la musica – per fortuna- non si fa solamente sui digital stores, ma nella vita reale. In questo senso non vedo l’ora di iniziare a portare in giro il mio progetto per avere un confronto più immediato con il pubblico. Ad ogni modo, vedo le playlist come un’ottima opportunità per farsi conoscere e per allargare i propri orizzonti, però è anche un mondo molto complesso e a volte difficile da digerire agli inizi di una carriera.
Che succederà ora, al progetto Blùnda? Cosa prevedi, per i prossimi mesi?
Prevedo tantissimo lavoro e pubblicazioni, e magari anche qualche live per iniziare a farmi conoscere anche sotto questo punto di vista. E poi, chissà, non voglio darmi limiti mentali ma augurarmi il futuro più roseo possibile.
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