Basiliscus P – Spuma / La recensione

Basiliscus P Spuma

Sarà un discorso stupido, ma tutto quello che arriva dalla Sicilia sembra arrivare da un mondo alieno, lontano, da un luogo magico e con cunicoli oscuri dove non persiste la divisione in scene, dove non è necessario collocarsi da una parte o da un’altra, e dove è concesso mischiare tutto: persino il rock degli anni novanta, quello ferroso dei Marlene Kuntz, le chitarre desertiche dei Litfiba, e qualcosa anche di più sperimentale dei localini che non sono sopravvissuti agli anni, ma che hanno formato una generazione cresciuta a pane e C.S.I – e il sax ammiccante che in un disco rock sa subito di esotico, la saggia e folle produzione di Marco Fasolo dei Jennifer Gentle, fuzz, distorsioni e una spuma versata senza ritegno su tutto quanto. Il risultato è il nuovo disco dei Basiliscus P, intitolato Spuma.

Spuma è stato pubblicato a novembre del 2022, nasce da una lunghissima sessione di improvvisazione post-pandemica in un vecchio forte di fine ottocento, in uno studio di registrazione che sembra l’ambientazione di uno dei capitoli di Una serie di sfortunati eventi, un posto chiamato saggiamente The Cave. Inevitabili gli accostamenti a realtà come i Verdena o gli I Hate My Village, ma la verità è che qui dentro c’è davvero tanto altro da perdersi in stratificazioni e sonorità diverse, come a unire i background più disparati in un’unica spuma, pronta a gonfiarsi ed esplodere se non maneggiamo la bottiglia con cura.

Dischi del genere sono alla fine anche un messaggio politico: una presa di posizione dove band come i Basiliscus P sembrano volerci ricordare che è possibile fare musica da indipendenti anche senza dover rientrare per forza nei parametri della playlist di Scuola Indie di Spotify, che si può fare un disco strumentale senza che sia per forza qualcosa di nicchia, che si possono avere influenze rock e jazz insieme, e avere allo stesso tempo anche meno di cinquant’anni. Quello che fanno i Basiliscus P non è solo fare buoni dischi che scuotono, ti trasportano in tunnel sonori e ipotetici concerti sudati che viviamo nella nostra testa, mentre siamo con le cuffie isolati dal mondo, ma anche avviare una piccola scena, che può partire proprio da qui, da musicisti capaci lontani dai centri delle grandi scene underground di Milano e Roma.

Musica spumeggiante di periferia, che però si sintetizza in uno dei dischi più folli e sentimentalmente belli dell’anno scorso. Sentimentalmente belli perché è commovente trovare qualcosa di genuino e volutamente fuori mercato, bello per essere bello e basta. Speriamo di vederli presto anche dal vivo.


Oltre a quella dei Basiliscus P – Spuma, potete leggere tutte le nostre recensioni qui.

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